“Non possiamo non esprimere la profonda preoccupazione del mondo cooperativo”, afferma Michele Cappadona, presidente Agci Sicilia, “per le modalità, i contrasti e l’inasprimento dei toni tra le forze politiche che vediamo svilupparsi attorno la decisione del governo Musumeci di liquidare gli istituti regionali Ircac e Crias per il credito agevolato alle imprese cooperative e artigiane”.
Il riferimento è al nuovo botta-e-risposta tra il presidente della Regione e Giancarlo Cancelleri del Movimento Cinquestelle sulla vicenda della messa in liquidazione dei due enti e il trasferimento delle loro competenze all’Irfis.
“Il sostanziale blocco delle attività di Ircac e Crias denunciato con allarme dalle associazioni delle imprese, è vero, concreto e reale”, spiega Cappadona. La motivazione di procedere con urgenza alla liquidazione per la grave situazione di bilancio degli enti di credito, non tiene conto del motivo sostanziale che ha prodotto le sofferenze, cioè il comportamento stesso della Regione, delle forze politiche e dei governi che hanno nominato gli amministratori dei due istituti. Non si può dimenticare, ad esempio, che la grande massa di insoluti (350 mln di euro, 162 di sorte capitale ed il resto di interessi e more) che gravano sull’Ircac, deriva direttamente da scelte ed atti della Regione Siciliana, per di più vecchi di circa quarant’anni”.
Fu l’Assemblea Regionale infatti a dar vita alla fine degli anni 70 a leggi agevolative a favore delle cooperative (prima fra tutte la 37/78). Negli anni successivi i governi dell’epoca emanarono decreti di finanziamento, da essi stessi istruiti, disponendo l’erogazione delle somme all’Ircac con diretta fidejussione della stessa Regione. Nel 2002 però, le fidejussioni, furono tolte con l‘art 73 della legge n. 2/2002. In pratica, la Regione dispose i finanziamenti accompagnati da garanzie e poi tolse queste ultime provocando all’Ircac l’attuale enorme buco finanziario.
Accorpare Ircac, Crias e Irfis: questa unione fa la forza?
“Cancellare due istituti di credito assegnando le loro competenze ad un terzo istituto, che ha però le stesse limitazioni di una banca ordinaria, desta preoccupazione anche per la decisione di inserirlo come primo articolo della finanziaria, ponendolo quindi politicamente come questione di ‘fiducia’. Si vorrebbe solo capire bene come le attuali tre debolezze possano ora diventare una grande forza, solo scrivendo un articolo di legge. La buona amministrazione non può coincidere soltanto agendo tagli di spesa, così come per analogia chiusura e accorpamento di scuole e ospedali, interrompendo o diminuendo i servizi, non è in sé ne può mai essere la soluzione. Per ricostruire il tessuto delle imprese così profondamente lacerato dalla crisi occorre semmai moltiplicare gli accessi al credito agevolato e accelerare le procedure. E questo va assicurato prima di accentramento e fusioni, con i giusti tempi e modalità di concertazione con le parti sociali. Occorre maggiore dialogo. Non si tratta quindi in questo momento, da parte delle associazioni delle categorie produttive”, chiarisce Cappadona, “di schieramento con le forze politiche di opposizione piuttosto che con quelle di governo. Si chiede invece che l’amministrazione regionale ascolti le esigenze delle imprese. Che in questo momento avrebbero bisogno fossero attivate tutte le possibili risorse, finora inutilizzate, all’interno della programmazione dei fondi strutturali europei”.
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