“Infrastrutture: le vie dell'agricoltura nel Mezzogiorno”: a Matera un Action Tank nazionale sull’importanza delle infrastrutture materiali e immateriali del Meridione per la competitività dell’agricoltura italiana nel contesto comunitario e globale.
“Il blocco della crescita nel Sud e in Sicilia è da sempre, e in tutti i settori economici, fisiologicamente collegato alla carenza di infrastrutture”, osserva Michele Cappadona, presidente regionale dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane. “Due significativi indicatori per lo sviluppo sono le infrastrutture fisiche (trasporti stradali, ferroviari, aeroportuali, portuali) e quelle digitali. Naturalmente, il gap delle infrastrutture fisiche rallenta i trasporti, danneggia i produttori del Sud nel mercato locale e nazionale e ostacola l’export. Il gap delle infrastrutture digitali è correlato ad una minore diffusione delle innovazioni tecnologiche nei processi produttivi delle imprese. È evidente come questi diventino fattori ancora più critici in un mercato globale ad alta competitività, come quello agroalimentare”.
Al tema del divario infrastrutturale del Sud come fattore di rallentamento nella movimentazione delle merci e, di conseguenza, dello sviluppo economico, è stata dedicata la terza edizione di Grow!, manifestazione promossa da Agrinsieme, il coordinamento che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e le cooperative agroalimentari di Agci, Confcooperative e Legacoop, svolta quest’anno il 13 giugno a Matera.
Grow! è un Action Tank, una piattaforma che offre un innovativo laboratorio di riflessione dedicato a decisori pubblici e alle imprese associate sulle policy che possono influenzare il futuro del settore agroalimentare. Durante l'edizione svolta a Matera, è stato presentato lo studio elaborato da Nomisma per Agrinsieme su come il divario infrastrutturale sia correlato al posizionamento sul mercato delle imprese agroalimentari italiane.
Il ministro all’Agricoltura Centinaio è intervenuto a Grow! affermando come la risposta alla crisi che sta investendo l'agricoltura del Sud, sia fare ripartire le filiere ridistribuendo i fondi non a pioggia, ma mirati a realizzare progetti concreti, valorizzando prodotti di grande qualità e apprezzati nei mercati di tutto il mondo. Nell'export agroalimentare l’Italia ”può fare molto di più degli attuali 42 miliardi di euro: se pensiamo che la Germania esporta 60 miliardi di euro di agroalimentare e l'Olanda 80 miliardi e pensiamo a quello che hanno loro e quello che abbiamo noi, è facile capire la potenzialità del Made in Italy".
Oltre al ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio (Lega), all’iniziativa di Matera sono intervenuti, tra gli altri, il coordinatore della Commissione agricoltura della Conferenza delle Regioni Leonardo Di Gioia, l’assessore all’agricoltura della Regione Siciliana Edy Bandiera, l’assessore all’agricoltura della Regione Basilicata Francesco Fanelli, il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio, il responsabile dell’Area Agricoltura e Industria Alimentare di Nomisma Denis Pantini, il coordinatore nazionale di Agrinsieme Franco Verrascina e i copresidenti del Coordinamento Dino Scanavino, Massimiliano Giansanti e Giorgio Mercuri.
La criticità infrastrutturale pesa sulla crisi. “I nostri produttori del Sud non possono impiegare il triplo del tempo rispetto agli spagnoli per portare le merci in giro per l'Italia”, ha sottolineato il ministro.
Esaminando la presenza di reti infrastrutturali rispetto al numero di imprese agroalimentari operanti nel territorio, emerge come a supporto delle tante piccole imprese attive nel Mezzogiorno non vi sia una adeguata e capillare rete di viabilità a supporto. Nel Sud ogni impresa ha mediamente meno di 20km di infrastrutture (con la Puglia fanalino di coda con solo 7,9km/impresa), mentre al NordOvest ci si attesta in media sui 40km/impresa (con la Liguria che arriva quasi ai 59km/impresa). La Sicilia si pone tra i 20 e i 25km/impresa.
Un indicatore sintomatico delle performance dei prodotti agroalimentari iconici del Sud è dato dal peso sul commercio internazionale dell’export italiano di agrumi e olio di oliva vergine, rispetto al top competitor produttivo di vicinanza, la Spagna. Sull’olio di oliva vergine, la penisola iberica consolida il suo posizionamento di leader del mercato (2,3 miliardi di euro di export nel 2018, rispetto a 1,2 miliardi per l’Italia), mentre per gli agrumi, nonostante un tasso di crescita leggermente superiore per l’export Italiano (+30% 2018/08), il divario è ancora molto ampio (3 miliardi di export per la penisola iberica contro 239 milioni dell’Italia).
Il ministro Centinaio ha illustrato le varie attività di promozione dell’export, nuovi mercati come il Vietnam, un accordo col Giappone per i kiwi, l’apertura con la Cina dei dossier per le mele e le pere, impegnandosi poi a sollecitare lo sblocco delle vendite verso la Cina anche delle arance bionde via aereo.
Ma occorre fare di più. “L’Italia è il primo produttore europeo di uva da tavola, la Spagna invece è il primo esportatore: una contraddizione in termini”, ha sottolineato Andrea Badursi (direttore generale Asso Fruit Italia). “Non esportiamo perché sui dossier necessari per ottenere il via libera per l’export verso la Cina, l’Italia procede a rilento. Se per perfezionare un dossier ci vogliono tre anni, ciò significa che nel frattempo la Spagna e gli altri players avranno già occupato il mercato disponibile. Il mercato non tollera lentezze”.
Credits: altrasicilia.it