Il distacco del primo grappolo d’uva, avvenuto nell’azienda agricola Massimo Cassarà nel trapanese, in Sicilia, ha aperto la stagione della vendemmia 2019, inaugurando l’inizio della raccolta lungo tutta la Penisola. L'Italia, secondo le stime, si conferma leader mondiale per produzione di vino e festeggia record storico dell'export.
“Una vendemmia che inizia con un ritardo medio di 8-10 giorni rispetto allo scorso anno, con condizioni che variano poco da provincia a provincia e che lasciano prevedere un raccolto di quantità inferiore ma di ottima qualità".
"Il nostro principio è che è preferibile fare un buon vino che produrre troppo a scapito della qualità”, dichiara Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia. Una primavera fredda e piovosa su tutta la Sicilia ha fatto slittare il momento in cui i 7.500 viticoltori della denominazione Doc Sicilia - con oltre 20 mila ettari di vigneti rivendicati – hanno iniziato la raccolta delle uve. Da Trapani a Caltanissetta, da Palermo alle zone di Agrigento e Ragusa fino al Messinese, la vendemmia ha avuto inizio lunedì 5.
“Nel 2018 la Sicilia ha prodotto 4,4 milioni di ettolitri di vino e la stima del 2019 si colloca nella forbice tra 4,3 e 4,6 milioni di ettolitri” spiega il presidente Rallo. “Siamo sotto i 5 milioni di ettolitri di media degli ultimi anni”.
“La vendemmia appena cominciata in Sicilia, in lieve ritardo per le inclemenze del tempo nel periodo di fioritura, porterà ad un raccolto di quantità inferioreall’anno precedente (il dato medio nazionale stimato è del -10% circa), ma con uve senz’altro di migliore qualità”. Lo afferma Dino Taschetta, presidente delle biocantine Colomba Bianca, la più grande cooperativa vitivinicola siciliana. “Se si prospetta ottima la situazione dei vini certificati e di qualità, pesante invece la situazione dei vini generici, che subiscono la persistente tensione al ribasso dei prezzi del prodotto sfuso all’ingrosso, sceso a 15-20 centesimi al litro. Per equilibrare gli scompensi di mercato, dovuti alle grandi quantità di vino in giacenza, occorrono e abbiamo già chiesto strumenti di intervento urgente di sostegno alle imprese, come la distillazione di crisi e l’abbassamento delle rese massime. Il settore vitivinicolo siciliano gioca un ruolo importante nel comparto nazionale, occorre una programmazione di tutela e sviluppo a medio e lungo termine, attenta alle dinamiche dell’Isola. Penso ad un ‘progetto a 20 anni’ per il vino siciliano e italiano. Va perseguito il riordino normativo europeo per imporre lo zuccheraggio dei vini esclusivamente attraverso il mosto, evitando additivi che non siano interamente naturali. Ma la via maestra per il futuro è quella delle produzioni di qualità, biologiche e certificate. È necessario mettere in gioco player in grado di conquistare, attraverso la qualità dei vini siciliani, sempre maggiori quote di mercato ad un più alto valore aggiunto. Il tavolo di governance regionale sull’agricoltura, appena istituito dall’assessore Edy Bandiera, potrà essere una risorsa preziosa per la concertazione di politiche veramente efficaci, attraverso un dialogo costante con le categorie produttive.
Le aziende vitivinicole siciliane non temono di misurarsi con l’apertura di nuovi mercati per le sue produzioni di qualità”, conclude Taschetta. “Esiste ormai una cultura d’impresa consolidata, che però trova i suoi limiti in una fragilità di sistema, che riguarda le risorse finanziarie. Un aspetto che potrebbe essere risolto facilmente dal decisore politico regionale o nazionale attraverso misure per incentivare la capitalizzazione, per esempio, anche con specifici meccanismi di finanziamento agevolato e credito d’imposta”.
La produzione italiana 2019 sarà destinata per circa il 70% a vini Docg, Doc e Igt (fonte Coldiretti) con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia. Il restante 30 per cento per i vini da tavola.
“In Sicilia la grave crisi di comparto del vino sfuso, generico o comune (anche se vino varietale, per il quale cioè è possibile indicare sull’etichetta solo anno di produzione e vitigno, omettendo il territorio di produzione) sta mettendo in serio pericolo la sopravvivenza di migliaia di aziende, soprattutto nella parte occidentale dell’Isola", sottolinea Michele Cappadona, presidente regionale dell'Associazione Generale delle Cooperative Italiane. "Il crollo del prezzo all'ingrosso, meno di 20 centesimi al litro, è causato dall'eccesso delle giacenze del vino comune italiano. Il Testo unico della vite e del vino (legge 238 del 2016, art. 8) prevede una resa massima per il vino generico di 500 quintali di uva per ettaro (a cui corrispondono tra i 350 e i 400 ettolitri di vino). In Sicilia, invece, a seconda del tipo di coltivazione, più o meno intensiva, la resa si aggira tra i 160 e i 200 quintali. Nelle Regioni più vocate alla produzione di vino comune, compresa la Sicilia, si registrano enormi quantità di prodotto invenduto. Al 15 giugno, secondo i dati ministeriali, nelle cantine siciliane c’era una giacenza di oltre 760 mila ettolitri a fronte di 1 milione e 800mila in Veneto, un milione e mezzo di ettolitri in Puglia. Il dato che appare più anomalo è quello dell'Emilia Romagna, con poco più di 3 milioni hl di giacenze. La Sicilia è infatti la Regione italiana con la maggiore superficie vitata (98.992 ettari, il 15% della superficie nazionale).
Gli interventi urgenti da adottare per sostenere le imprese, oltre ad una intensificazione dei controlli per impedire la vinificazione di prodotti non idonei, dovrebbero riguardare innanzitutto la riduzione del tetto di produzione previsto nella 238/2016 da 500 a 250 quintali di uva".
Crisi del vino generico, i produttori siciliani dovrebbero poter vendere mosto concentrato alle aziende europee, che invece alzano il tasso alcolico dei loro vini con additivi artificiali
"Un obiettivo strategico primario da perseguire per contrastare le giacenze di vino generico", prosegue Cappadona, "riguarda l'abolizione della normativa europea che consente, salvo alcune eccezioni, la pratica di zuccheraggio del vino attraverso l'aggiunta di saccarosio invece che di mosto concentrato nei Paesi del nord Europa (ma anche in alcune zone del nostro Paese, in Valle d’Aosta, Trentino e nella provincia di Belluno; nel resto dell’Italia, lo zuccheraggio viene considerato una frode, un illecito penale).
Due sono le battaglie: innanzitutto l’obbligo di scrivere in etichetta se quel vino è stato ottenuto con l’aggiunta di zucchero raffinato, una tutela non solo per i produttori, ma anche e soprattutto per i consumatori.
Il secondo step sarà il divieto assoluto di zuccheraggio nei Paesi UE: per innalzare la gradazione alcolica bisogna tornare a usare i mosti concentrati, che sono un prodotto dell’uva.
Come ha di recente ricordato anche Vincenzo Cusumano, direttore dell’Irvo, l’Istituto regionale del vino e dell’olio, per uscire dal problema delle grandi giacenze oltre ad abbassare le rese è necessario incrementare l’imbottigliato, negli ultimi anni cresciuto in Sicilia dal 15 al 40 per cento, sfruttando lo strumento della certificazione, che conferma la qualità al prodotto. Ma c’è un paradosso su cui intervenire: mentre da una parte l’Europa vuole una viticoltura sostenibile (ricordiamo che la Sicilia è la Regione europea più bio), d'altra parte consente alle aziende l’uso di concimi chimici e di anticrittogamici per spingere al massimo la produzione. Ultimo argomento, ma non per importanza", conclude Cappadona, "riteniamo bisogna fermare l’emorragia dei vigneti siciliani verso il Nord Italia, vietando il trasferimento dei diritti d’impianto in altre Regioni".
Il settore vitivinicolo è di rilevante importanza per l'economia agricola e dell'industria alimentare in Italia. Secondo i dati diffusi da Confagricoltura, le aziende con vigneti sono 300mila con una superficie coltivata ad uva da vino di 652mila ettari, di cui 50mila con cantine di vinificazione, un fatturato di circa 10 miliardi di euro e un valore dell'export di 6.2 miliardi.
Il commento sulla vendemmia 2019 di viticoltori e produttori Doc Sicilia.
Filippo Paladino, vicepresidente della Doc Sicilia: “La qualità delle uve è ottima, e le previsioni meteo attuali ci consentono di essere ottimisti. Presumiamo di chiudere la vendemmia – che nei nostri vigneti in provincia di Trapani, Palermo, Agrigento e Caltanissetta dura fino ad ottobre – con un leggero calo medio della produzione rispetto ad una annata normale. Ciò a causa delle condizioni climatiche registrate nel periodo della fioritura della vigna. Qualitativamente quindi sarà una buona annata: il primo test sulle uve Pinot grigio ci dice che le uve hanno tutte le caratteristiche per ottenere buoni vini”.
Gaspare Baiata, del cda della Doc Sicilia: “Prevediamo un raccolto di ottima qualità nei vigneti in provincia di Trapani, con un calo della quantità a causa dei forti venti e delle piogge cadute durante la fioritura delle piante che hanno colpito le infiorescenze diminuendo il numero degli acini. Le nostre cantine puntano sulla produzione di vini di qualità, quindi non riteniamo una cosa negativa un diradamento naturale della produzione. Le uve di Grillo sono abbondanti e di buona qualità, il Nero d’Avola è su standard soddisfacenti”.
Damiano Fici, del cda della Doc Sicilia: “I nostri vigneti sono in massima parte in provincia di Trapani, abbiamo soci che coltivano anche nell’Agrigentino e nel Palermitano. Anche noi abbiamo iniziato la vendemmia del Pinot Grigio con uno slittamento di una settimana rispetto allo scorso anno. Il monitoraggio delle uve ci offre un panorama di buona qualità con un calo di circa il 20 per cento di quantità. Stime che per noi sono positive”.
Filippo Buttafuoco, agronomo: “Nella zona di Menfi la vendemmia è iniziata lunedì 5 agosto con il Pinot Grigio. Abbiamo avuto uno slittamento di dieci giorni rispetto allo scorso anno. Un ritardo che però - se le condizioni meteo non subiranno cambi repentini- ci consegnerà una vendemmia ottima: le piante hanno una parete fogliare rigogliosa, e questo aiuta la maturazione e la qualità delle uve. Nei vigneti della nostra azienda, tra Menfi e Santa Margherita Belice, abbiamo 32 varietà di cultivar: ovunque la situazione è positiva. Prevediamo un lieve calo della quantità per via delle basse temperature registrate negli ultimi mesi. Ma le piante sono verdi, non hanno subìto stress idrici, e lasciano prevedere un bilancio finale ad ottobre di grande qualità”.
Salvatore Vitale, del cda della Doc Sicilia: “Qui nel Nisseno abbiamo avuto condizioni climatiche buone e l’uva ha avuto uno sviluppo perfetto. Non ci sono preoccupazioni particolari e prevediamo un raccolto in linea con la precedente vendemmia che è stata ottima, specie per le uve rosse”.
Francesco Cucurullo, titolare di azienda in provincia di Caltanissetta: "Prevediamo una buona vendemmia. I sopralluoghi nelle nostre vigne del Nisseno ci consentono di dire che c'è un ritardo di dieci giorni per l’inizio della raccolta e che dal punto di vista fitosanitario le piante sono in perfetta salute. Alcune uve bianche hanno avuto una maturazione precoce. Per i rossi, in particolar modo il Nero d'Avola, è tutto nella norma. Il caldo di questi ultimi giorni non ha portato particolari conseguenze alle vigne, anche perché, nelle colline del Nisseno, l'escursione termica è forte e ciò aiuta le piante a crescere rigogliose e in salute. Prevediamo una buona qualità delle uve e un decremento di quantità tra il 10 e il 20 per cento delle uve rosse rispetto alla media. Il bilancio, ovviamente, dipenderà dalle condizioni climatiche delle prossime tre settimane. Ma le previsioni sono incoraggianti".
Nino Di Marco, titolare di azienda nel Siracusano: “Nel Siracusano registriamo una settimana di ritardo sulla maturazione delle uve rosse: è una tempistica che si accompagna ad una qualità eccellente dei grappoli. Prevediamo un lieve aumento della produzione, e questo credo varrà anche per la vendemmia delle uve bianche che inizierà la prossima settimana”.
Credits: altrasicilia.it