La Commissione UE aveva aperto una procedura d’infrazione contro Roma, deferendola alla Corte di Giustizia che «ha constatato una violazione della direttiva» sulla lotta contro i ritardi di pagamento».
Secondo la sentenza pronunciata martedì 28 gennaio, la Corte UE, riunita in Grande Sezione, ha certificato che l'Italia "non ha assicurato che le sue pubbliche amministrazioni rispettino effettivamente termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario", limiti stabiliti dalla direttiva comunitaria 2011/7 che norma la materia.
Respinta la difesa dell’Italia, secondo cui l’obbligo per lo Stato sarebbe limitato a stabilire termini massimi di pagamento conformi alla direttiva nonché di prevedere il diritto dei creditori, in caso di mancato rispetto di tali termini, a interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero. Al contrario, la Corte ha sentenziato che la direttiva "fa gravare proprio sugli Stati membri l'obbligo di assicurare l'effettivo rispetto dei termini di pagamento da esso previsti nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione".
“La sentenza della Corte UE che condanna l’Italia, ritenuta colpevole di non garantire il pagamento delle forniture di beni e servizi verso la pubblica amministrazione entro 30 giorni (o 60 in alcuni casi), è un riconoscimento per la giusta battaglia che come rappresentanti delle imprese cooperative conduciamo da anni”, afferma Michele Cappadona, presidente regionale dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane-Agci Sicilia. “I dati del Mef, leggiamo, riportano che la piattaforma dedicata ai pagamenti della Pa ha registrato oltre 28 milioni di fatture ricevute, per un importo totale pari a 163,3 miliardi di euro, di cui 145 miliardi effettivamente liquidabili (ossia al netto della quota IVA e degli importi sospesi e non liquidabili). I pagamenti, hanno riguardato solo 22,1 milioni di fatture, per 128,3 miliardi di euro. E i tempi medi ponderati su tali pagamenti sono in ritardo rispetto alle scadenze fissate. Come Agci, in Sicilia abbiamo denunciato lungaggini procedurali che hanno causato situazioni intollerabili, con ritardi nei pagamenti nei beni e servizi forniti non di giorni o mesi ma anche di anni. I pagamenti tempestivi sono essenziali per le Piccole e Medie Imprese, non solo per assicurare la loro competitività ma in molti casi la loro sopravvivenza. Per le imprese occorre dallo Stato una rigorosa politica di sviluppo che favorisca gli investimenti, garantisca l'accesso al credito e dia certezza nella puntualità dei pagamenti per le forniture pubbliche. Con molta responsabilità", continua Cappadona, "come Agci negli ultimi non ci siamo solo limitati a protestare contro gli eccessivi ritardi, a tutela delle imprese e dei cooperatori, ma abbiamo sempre manifestato la nostra disponibilità verso le pubbliche amministrazioni (sia nei confronti dei vertici politici che della macchina burocratica) per rendere più celeri le procedure. A questa sentenza, senza un cambio di passo può ora seguire solo una sanzione economica UE verso l’Italia. Auspicheremmo invece finalmente una soluzione definitiva, che dia sollievo a tante imprese che oggi si trovano in ginocchio”.
Credits: AltraSicilia