Il Decreto Rilancio annulla la proroga al 29 ottobre della validità dei Durc che scadevano entro il 31 luglio 2020.
Il Governo Conte aveva concesso, con l’articolo 103, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Decreto Cura Italia) che i DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), documentazione indispensabile per le forniture nei confronti della pubblica amministrazione, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020 conservassero la loro validità fino al 15 giugno.
Successivamente, in sede di conversione in Parlamento del provvedimento, con la legge n. 27/2020, era stata stabilita una proroga fino al 29 ottobre dei DURC in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020.
Il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto Decreto Rilancio, all’articolo 81, comma 1, è però nuovamente intervenuto sul testo dell’articolo 103, comma 2, primo periodo, del decreto Cura Italia, modificato dalla legge di conversione n. 27/2020, aggiungendo alla fine del medesimo periodo le parole: “ad eccezione dei documenti unici di regolarità contributiva in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020, che conservano validità sino al 15 giugno 2020.”
“Deprechiamo e contestiamo il dietrofront del Governo Conte sulla proroga del Durc che era stata stabilita per il prossimo 29 ottobre”, dichiara Michele Cappadona, presidente regionale dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane. “Siamo colpiti dalla leggerezza con cui viene improvvisamente revocata una misura di aiuto concreto alle imprese. Gli effetti della revoca della proroga al 29 ottobre disposta con il decreto rilancio sono illustrati rispettivamente dal messaggio n. 2013 del 21 maggio 2020 diramato dall’INPS, e dalla circolare Inail n. 23 del 27 maggio 2020.
Con estrema difficoltà, ogni attività produttiva del Paese sta cercando di non soccombere all’emergenza da Covid19. Cessato il lockdown, per affrontare la Fase 2, le aziende hanno disperatamente bisogno di una liquidità cui è stato intitolato un decreto legge, ma che ancora non arriva. Le banche, soprattutto in Sicilia, non assicurano finora quel flusso di finanziamenti immaginato dal Governo, nonostante le garanzie dal 70 al 100% prestate dallo Stato. Disastrosa anche la gestione della cassa integrazione in deroga”, continua Cappadona, “con un rimpallo di responsabilità per i ritardi nell'erogazione tra Regione e Stato, mentre a pagare il conto sono sempre le imprese, cooperative e non, e i lavoratori.
In un momento in cui è sempre più chiaro che occorre sostenere con decisione il tessuto produttivo per una ripresa che non si prevede immediata, con risorse europee che inizieranno ad essere disponibili solo fra sei mesi, in un contesto in cui è evidente la necessità di procurare ogni forma di liquidità alle aziende, è incomprensibile come mai il Governo ponga delle scadenze certe e onerose a breve, invece di garantire sollievo e respiro, moltiplicare gli sgravi e assegnare contributi a fondo perduto.
È il caso di segnalare l'iniziativa della Regione Piemonte, che con l'approvazione del ddl Riparti Piemonte, che punta sulla Semplificazione, è intervenuta con tre misure importanti: “Bonus Piemonte”, contributi a fondo perduto per un totale di 131 milioni di euro, destinati a 70mila imprese del territorio piemontese. Accredito diretto in soli tre giorni dal momento della compilazione della richiesta online; “Sblocca cantieri”, tempistiche tagliate, addio ai documenti prima obbligatori e procedure burocratiche più snelle; “Durc congelati”, validità dei documenti di regolarità contributiva 2019 estesa a tutto il 2020, permettendo così alle aziende in crisi di liquidità di continuare ad ottenere commesse, lavorare e mettersi in pari nel 2021, così da evitare un cortocircuito di chiusure di massa e lavoro nero. I sindacati Cisl, Uil, Cgil su quest’ultima misura hanno protestato in quanto la materia non rientra fra quelle di esclusiva competenza della Regione e interviene su perimetri già normati dagli ultimi Dpcm. La questione potrà essere controversa e subire anche il rischio di un’impugnazione; è evidente però come il provvedimento è un forte segnale sul malessere delle imprese che è sotto gli occhi delle Istituzioni e su cui è il caso che ciascuna Regione intervenga con urgenza, con tutti gli strumenti sia possibile mettere in campo.
Occorre prevenire il diffondersi del timore che la riapertura possa tradursi in un rifiuto di responsabilità, di sganciamento da parte delle Istituzioni rispetto alla necessità di provvedere a misure di aiuto, concrete, reali e urgenti, esattamente commisurate ai bisogni delle imprese.
Tra il lockdown e la ripartenza, dopo l’emergenza da pandemia ”, conclude Michele Cappadona, “la fase intermedia non può che essere sostenuta da un’attenta programmazione di politiche di aiuto immediato. Occorre un piano di investimenti e committenze pubbliche, di credito agevolato e contributi, di misure finalizzate alla creazione di stabile occupazione. Ma occorre anche un’opera di risanamento della pubblica amministrazione, soprattutto in Sicilia, dove i ritardi e l’inefficienza della burocrazia sono purtroppo una delle maggiori concause del divario di sviluppo economico rispetto alle altre Regioni”.