L’Alleanza delle Cooperative è stata invitata agli Stati generali convocati dal governo nella sessione di martedì pomeriggio, annuncia il presidente dell’Alleanza pesca Giampaolo Buonfiglio, sottolineando che in vista dell'incontro è stato messo a punto un documento del settore agroalimentare che contiene anche una serie di indicazioni in materia di pesca e acquacoltura. Nell'intervista che segue Buonfiglio ne illustra la filosofia.
Di cosa parla il documento?
Dello stato dell'arte della pesca e dell'acquacoltura in Italia con tutti i numeri necessari a comprendere la dimensione sociale, economica e la situazione del settore. Due paginette finali affrontano le grandi questioni del futuro. Volutamente è stato lasciato fuori il tema delle emergenze che pure ci preoccupano.
Cosa vorreste dagli Stati generali?
Fermo restando che Colao ha completamente dimenticato l’intero settore agroalimentare nel suo piano, vorremmo che almeno la parola pesca venga pronunciata e che si inserisca nel documento degli Stati generali il tema, riconoscendone l’importanza e la necessità di sviluppare politiche mirate.
Torniamo al vostro documento per gli Stati generali
Nel documento, come dicevo, ci sono soltanto le questioni da affrontare per una politica della pesca e dell’acquacultura complessiva capace di ridare un futuro al settore, a cominciare dal rinnovamento della flotta, più che necessario visto che l’età media del naviglio ormai supera i 30 anni, prima che le barche si fermino o, peggio, che affondino.
Quanto costerebbe questa scelta?
Il costo dipende da quale tipo e livello di incentivi si intenderebbe mettere in campo per rilanciare gli investimenti e ridare impulso alla cantieristica. Attualmente le nuove costruzioni non godono di aiuti dall’Unione europea. C’è anche il tema del ricambio generazionale, per esempio attraverso l’apprendistato a bordo, e poi la stabilizzazione degli ammortizzatori sociali, l’imprenditoria femminile, la sicurezza degli imbarcati e la loro formazione professionale, un fondo di solidarietà e molto altro, tutti temi che sarebbe necessario affrontare componendo una politica organica e coerente di rilancio di un settore di cui si continuano ad affrontare solo le emergenze.
Siete in alto mare dunque...
Il vero punto è che manca una politica di governo e “il quanto costa“ non è il primo ma l’ultimo dei problemi da affrontare, in senso cronologico. Prima bisogna decidere cosa si vuole fare di questo settore. Chiediamo di affrontare i grandi problemi, rilanciando l’agenzia del mare che consideriamo una scelta prodromica; vogliamo un centro di ricerca autorevole sul piano internazionale e una politica mediterranea. Ripeto, bisogna vedere se di questo la politica vuole occuparsi.
Il disinteresse della politica non potrebbe essere anche colpa di una filiera incapace di farsi ascoltare?
La pressione è stata a tratti anche molto forte su diversi problemi che hanno investito in modo acuto il settore rischiando di farlo collassare, come per il caro gasolio o gli sgravi previdenziali, tutte crisi in qualche modo superate. Il problema è che i governi sono più propensi a risolvere emergenze mentre sono cronicamente insensibili alle politiche del mare.
A che punto sono i primi interventi adottati per l'emergenza covid19?
Il DM attuativo dell'articolo 78 del Cura Italia, di aprile, che stanzia 100 milioni per l’agricoltura e per la pesca, è stato solo recentemente trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni per la necessaria intesa.
Altre misure non ce ne sono?
Finora, a parte l’erogazione della cassa integrazione in deroga ai lavoratori che ne avevano diritto, alle imprese non è arrivato nulla e quelle che hanno cercato di usufruire delle garanzie dello Stato sono alle prese con le classiche, lunghe e difficili istruttorie bancarie. Niente ancora è stato riconosciuto per i pescatori autonomi mentre le imprese, che attendono la concretizzazione dell’articolo 78, sperano nei sostegni del DL Rilancio. Grande successo hanno avuto le cambiali pesca di ISMEA, anche se la ridotta capienza finanziaria è stata sufficiente solo per un migliaio di domande, tuttora in istruttoria.
L'Unione europea ha modificato in meglio il Feamp. Le misure sono operative?
Anche per quanto riguarda le modifiche al Feamp, approvate con insolita rapidità da Bruxelles, è necessario un decreto ministeriale che contenga le disposizioni per la modifica del Piano Operativo Nazionale con cui si gestisce il FEAMP. Il decreto deve essere messo a punto dalla Direzione Generale della pesca del Mipaaf, che ci starebbe lavorando, ma senza alcun confronto con la categoria. Attualmente, peraltro, il Direttore Generale non è stato ancora rinominato; manca la firma del nuovo contratto che speriamo arrivi a giorni.
Come vanno le cose con la ministra Bellanova?
La ministra Bellanova, di cui è nota la sensibilità e l’impegno in agricoltura, per quanto attenta, purtroppo non ha la pesca proprio al centro della sua agenda. A parte l’incontro dopo il suo insediamento abbiamo avuto il piacere di interloquire con lei solo attraverso la sua segreteria e la struttura ministeriale, con modalità molto più filtrate rispetto al sistema agricolo.
Non ha dato deleghe in materia giusto?
In un primo momento sembrava che la Ministra intendesse delegare il sottosegretario ma poi non se ne è fatto nulla.
È sempre andata cosi?
In passato c’è stato qualche sottosegretario particolarmente attivo, o ministri che per loro provenienza e cultura personale erano più attenti al mare e alla pesca, ma anche momenti di maggiore attenzione si sono rapidamente esauriti nel rapido turn-over di governi e ministri. Ripeto: quando nei momenti di crisi un grido di dolore si leva alto questo viene recepito ed affrontato, ma il mare e la pesca - nonostante i tanto decantati 8000 Km di coste e l’importanza sociale, culturale ed economica della Blue economy - rimangono cronicamente secondari nell’attenzione della politica e dei governi del nostro paese. Anche quando sono stati organizzati gli Stati generali della pesca sono poi rimasti lettera morta. Ma noi non molliamo, continueremo ad insistere.
Negli altri paesi mediterranei come va?
La Spagna è più organizzata e il governo ha una sensibilità molto maggiore di quello italiano, basti pensare alla loro presenza e capacità di incidenza a Bruxelles. In Spagna le Cofradias gestiscono tutta l’organizzazione logistica della pesca nei porti, dal ghiaccio al mercato al controllo. Anche in Francia, sia pure in modo differente c’è attenzione, con una maggiore partecipazione della parte pubblica alla vita del settore attraverso il sistema dei comitati, sia a livello nazionale che regionale, ed esistono piccoli tribunali con una storia secolare, le proud’homies, composti da pescatori che giudicano le infrazioni. Da noi, dove pure il sistema associativo esiste e funziona, c’è il tavolo consultivo che viene convocato sporadicamente…
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