Rivendicare la piena assegnazione delle risorse che competono alla Sicilia, nel Recovery Fund per il rilancio e la resilienza e in tutti gli altri fondi della programmazione Ue 2021-2027, ma soprattutto mantenere tenacemente la presa di posizione del governo Musumeci per un’inversione dell'intera politica nazionale sull’erogazione delle risorse ordinarie da parte dello Stato, a partire dal riconoscimento dell'Insularità.
Una sfida improcrastinabile, con l’obiettivo di colmare lo storico divario economico della Sicilia e compensare la sua condizione di insularità, viene lanciata da Gaetano Armao, vicepresidente della Regione Siciliana ed assessore all’Economia, nel corso della conferenza stampa d’inizio anno per fare il punto sulla situazione economica e finanziaria dell’Isola.
Durante l’analisi sulla situazione economica 2020 e le prospettive per il 2021 attraverso l’esame degli indicatori significativi di credito e debito a livello regionale, l’assessore all’Economia Gaetano Armao ha sottolineato come “la riprogrammazione dei fondi Ue da parte della giunta Musumeci abbia consentito un’iniezione finanziaria di 1300 milioni di euro” per arginare gli effetti della crisi economica da Covid. Iniziativa autorizzata dal Consiglio dei ministri nei giorni scorsi, grazie alla fattiva concertazione con il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano. “Il rapporto di leale collaborazione con il governo Conte ha condotto a questo importante risultato di contrasto all'emergenza pandemica, ai fenomeni di degradazione sociale, di accentuazione del divario, di trasformazione della Sicilia in una piattaforma di emigrazione e d’immigrazione, prospettiva inaccettabile per una regione geograficamente frontiera d’Europa e cerniera economica e culturale verso il Maghreb e l’Africa”.
Armao ha anche commentato il disimpegno delle banche dal Sud: “Le misure finanziarie di contrasto alla crisi hanno favorito le imprese del centro nord proprio per le caratteristiche imposte dal governo. La lettura dei dati sui finanziamenti erogati con il Fondo di garanzia, per numero di operazioni e importo, non ha favorito l’emersione dell’economia sommersa del Sud”, che ha fisiologicamente meno imprese bancabili, secondo i criteri di merito creditizio. L’assessore all’Economia ha ricordato le iniziative inserite nella legge regionale 9/2020 - come il rafforzamento del ruolo dell’Irfis, il Fondo Sicilia, il finanziamento ai confidi, Resto in Sicilia - di accesso al credito e per sostenere l’Isola come luogo d’investimento dove fare impresa. “La Sicilia ha intersecato la crisi Covid con 14% in meno di Pil dal 2008. E ora deve affrontarla quando il debito pubblico è il 160% del Pil, con il 10% di deficit e il reddito pro-capite sceso a quello di 25 anni fa. Perché l’Isola torni a crescere deve essere luogo d’investimento, ma questo è possibile solo se cambiano le politiche nazionali. Il tema del Recovery Fund non riguarda solo l’allocazione delle risorse tra Centro-nord e Centro-sud, ma la qualità degli investimenti. Il RF è un piano straordinario, unico, per fare fronte all’emergenza da coronavirus. Per risolvere le cause della crisi, che in Sicilia è comunque un fenomeno storico, occorre mirare alla radici dei problemi, non servono bonus. Occorre non fare confusione pretendendo di realizzare con fondi straordinari opere già previste come l’alta velocità. Ci opporremo con forza ad un’eventuale concezione solipsistica del governo nazionale, in questo senso i presidenti delle Regioni del Sud hanno già collettivamente preso posizione formale nei confronti del premier Conte, chiedendo chiarezza sugli investimenti. Combattere la volontà politica di mantenimento di un divario così inaccettabile e insostenibile non è più procrastinabile. Abbiamo già proposto e proporremo interventi di crescita e sviluppo, opere essenziali, infrastrutture, digitalizzazione. Sosterremo come sia strategico per l'Italia impiegare risorse per la crescita del Sud: per ogni 100 euro investiti 45 tornano al Nord.
Devo esprimere con soddisfazione un’assoluta novità contenuta nella legge di bilancio - dichiara Armao -. Da giugno di quest’anno la commissione paritetica, ‘l’organo arbitrale’ tra Regione e Stato, dovrà computare i costi dell’Insularità, che dovranno essere inseriti in futuro in una specifica voce di bilancio. Viene stimato che l’insularità costa ai siciliani 6,5 miliardi di euro all’anno, ovvero una cifra paragonabile al costo del Ponte sullo Stretto o agli effetti negativi prodotti dalla pandemia nell’anno in corso.
È oggi necessario un clima di collaborazione tra le migliori risorse siciliane - conclude Armao -. Da parte sua il Governo Musumeci sta mettendo in campo ogni misura possibile al fine di portare la Sicilia fuori dalla ‘tempesta pandemica’ e di recuperare il notevole gap che la caduta degli investimenti pubblici ha creato negli anni e grazie anche all’avvio dei programmi di investimenti pubblici, il recupero dell’economia riprenderà slancio nel corso del 2021”.
“La quota di 209 miliardi di euro del programma Next Generation Eu equivale a circa 20 volte il mitico Piano Marshall, attraverso cui dal 1948 al 1951 furono concessi dal Congresso Usa ben 1204 milioni di dollari all’Italia, che servirono per la ricostruzione (letterale ed economica) del nostro Paese dopo la Seconda guerra mondiale”. È il commento di Michele Cappadona, presidente regionale dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane, AGCI Sicilia. “Condividiamo con forza la visione espressa dal vicepresidente della Regione Siciliana Gaetano Armao. Il cosiddetto Recovery Fund è un’occasione straordinaria, unica ed irripetibile per la Sicilia. Dovranno esservi incardinati solo interventi aggiuntivi rispetto a quelli già previsti e ricadenti per competenza fra le spese pubbliche ordinarie, com’è già previsto per tutti gli altri fondi strutturali Ue.
Inoltre, al Sud non deve essere assegnato solo il 34% delle risorse, basandosi unicamente sul dato della popolazione, come pare voglia fare il governo Conte”.
Infatti, il motivo per cui all’Italia sono stati attribuiti 209 mld euro (la quota più importante dei 750 mld di euro del Ngeu) dipende da tre parametri: popolazione; minor reddito pro-capite; tasso medio di disoccupazione negli ultimi 5 anni. Se il criterio fosse stato soltanto quello della popolazione la quota dell’Italia sarebbe soltanto 97,5 mld di euro".
Secondo i criteri Ue chiaramente espressi, il governo Conte deve investire per il Nord Italia il 21,20% dei 65,4 miliardi a fondo perduto previsti dal PNRR-Piano nazionale ripresa e resilienza; il 12,81% deve andare al Centro e il 65,99% al Sud, considerevolmente di più del 34% previsto dal piano dell’Esecutivo nazionale. Anziché 22,23 miliardi, quindi, al Mezzogiorno dovrebbero andare 43,15 miliardi, una differenza di 20,9 miliardi, quasi il doppio; mentre al Centro-Nord, anziché 43,16 miliardi dovrebbero essere destinati 22,24 miliardi.
“Naturalmente, come ha spiegato l'assessore Armao occorre ripristinare canali di accesso al credito per tutte le micro e piccole imprese sottocapitalizzate che ne sono escluse”, continua Cappadona. “Per arginare la crisi occorre tutelare aziende e posti di lavoro esistenti e allo stesso tempo promuovere start-up di attività innovative e nuova occupazione per i giovani. Bene misure di riduzione di cuneo fiscale e fiscalità di vantaggio. Oltre le Zes, riteniamo necessario attrarre investimenti riconoscendo agevolazioni per Zone franche montane e Zone turistiche.
Per semplificare e rendere più efficiente l’interazione con la pubblica amministrazione, Agci ha anche proposto l’istituzione del Surap, Sportello unico regionale attività produttive. Non possiamo che trovarci d’accordo”, conclude Cappadona, “sulla necessita di promuovere un clima di collaborazione tra le migliori risorse siciliane. Reti, consorzi e forme associate: fare impresa cooperando è esattamente la nostra missione”.
Assessorato dell’Economia: i dati aggiornati sulla situazione economica della Sicilia
“L’economia della nostra regione – ha dichiarato il vicepresidente ed assessore all’Economia della Regione siciliana, Gaetano Armao - già gravata dall’irrisolto divario territoriale nazionale e dagli effetti della condizione di insularità, si è appesantita ulteriormente a causa dalla grave crisi economica determinata dalla pandemia".
Nel corso del 2020, le eccezionali ondate di contagio provocata dalla pandemia da coronavirus hanno avuto effetti disastrosi sull’economia mondiale e le misure di contrasto adottate dai vari governi hanno avuto conseguenze gravose sulle economie locali.
In base agli ultimi dati economici disponibili, sono stati stimati i costi del blocco dei comparti coinvolti nel lockdown delle imprese siciliane. Nell’Isola, la chiusura ha riguardato il 44,2% delle unità locali, il 37,1% degli addetti e il 32,8% del fatturato sul totale delle attività economiche rilevate (percentuali minori rispetto all’Italia). Il minor danno arrecato all’isola dal lockdown, rispetto al trend nazionale, secondo questa simulazione, è dovuto alla minore presenza del settore manifatturiero, non va tuttavia dimenticato l’effetto delle limitazioni sul turismo che ha visto in Sicilia in un calo di presenze del 35,2% sul 2019.
Per quanto riguarda lo scenario economico atteso, le previsioni che sono formulate nella NaDEFR, la nota di aggiornamento del Documento di economia finanza regionale, assumendo le ipotesi contenute nella NaDEF dello Stato approvato dal Cdm lo scorso 5 ottobre, si basano sull’assunto (ottimistico) che la distribuzione dei vaccini si compia entro metà 2021 e sia tale da consentire al Governo di allentare del tutto o quasi le misure restrittive. In questo contesto, grazie all’avvio dei programmi di investimenti pubblici, il recupero dell’economia dovrebbe quindi riprendere slancio nel corso del 2021, dando anche luogo ad un significativo effetto di trascinamento sul 2022.
Per l’economia siciliana, tali previsioni delineano una maggiore flessione nel 2020 (-8,1%) e una ripresa nel successivo periodo, su cui si eserciterebbe, comunque, seppure con risultati inferiori, l’effetto delle politiche espansive nazionali e regionali e degli investimenti pubblici.
Sulla situazione del credito, necessario alle imprese per la produzione ed alle famiglie per il consumo, l’Osservatorio regionale del credito rappresenta la forte diminuzione degli sportelli bancari in Sicilia nel quadriennio 2017-2020, passati da 1471 a 1197 (-18,63%) e la minore presenza di presidi bancari nelle aree marginali dell’isola.
Le Banche con sede fuori dalla Sicilia sono in numero nettamente maggiore rispetto a quelle siciliane e concentrate nelle aree polarizzanti dell’isola, 337 nell’area di Palermo e 269 nell’area di Catania.
La tendenza in espansione dei depositi, in corso nel 2019 ed accentuatasi nel primo semestre 2020, riflette la contrazione dei consumi e l’esigenza di accumulazione di liquidità da parte delle imprese, innescata dal diffondersi della pandemia. Confermata nel territorio regionale, tuttavia, un'incidenza percentuale delle sofferenze sugli impieghi più elevata della media italiana, con un valore del 6,5 % rispetto al 4% nazionale ma soprattutto in considerazione degli impieghi di 8 volte superiore a quella nazionale nonostante un più rilevante incremento dei depositi.
Il valore delle operazioni finanziate dal Fondo di Garanzia dimostra ulteriormente lo squilibrio tra nord e sud e le misure finanziarie di contrasto alla crisi, previste già prima dell’estate hanno favorito il centro nord proprio per le caratteristiche imposte dal governo. Uno squilibrio appesantito dai maggior costi per la Sicilia derivanti dalla condizione di insularità che, di per sé, costa ai siciliani 6,5 miliardi di euro all’anno ovvero una cifra paragonabile agli effetti prodotti dalla pandemia nell’anno in corso.
Sul fronte dei Mutui e Prestiti Obbligazionari a carico del Bilancio regionale si registrano gli effetti positivi delle politiche attuate dal Governo Musumeci sin dal suo insediamento. Non sono infatti stati accesi ulteriori mutui, ad eccezione di un mutuo di modestissima entità per le Piscine Molinelli di Sciacca, ed il valore del debito regionale è ulteriormente sceso nel 2020 al di sotto dei 7 miliardi di euro (erano oltre 8 miliardi nel 2017).
Credits: AltraSicilia