Emblematico il veto dei governatori Settentrionali sulle “isole covid-free”, che conferma ancora una volta l’attivo atteggiamento di prevaricazione verso il Mezzogiorno.
Per la ripartenza, la formula è un’amministrazione efficiente e una politica d’investimenti con forti iniezioni di liquidità che annulli ogni disparità economica e sociale nei territori svantaggiati.
Polemica sulla proposta di introdurre anche in Italia il modello delle “isole covid-free” adottato dalla Grecia, dove in una settantina di isole è stata disposta la vaccinazione di tutti gli abitanti per potere accogliere i turisti in sicurezza.
La proposta, in cui crede fortemente il ministro dello Sport Garavaglia (Lega) come un’ottima operazione di marketing, è stata aspramente criticata dai governatori del Veneto, Zaia, dell’Emilia-Romagna, Bonaccini, e del Friuli-Venezia Giulia, Fedriga (che ha preso il posto di Bonaccini come presidente della Conferenza delle Regioni).
Ma il governatore Nello Musumeci, fa notare che in Sicilia c’è anche un fondamentale aspetto logistico che riguarda la sicurezza: “Al di là dell’aspetto turistico, abbiamo 15 isole e in alcune ci sono 500 abitanti. Che facciamo, mandiamo la squadra di medici e infermieri per vaccinare ogni volta per scaglioni di età un po’ di persone per volta?” E aggiunge: “Quando alcune regioni del Nord hanno protestato chiedendo l’attivazione degli impianti sciistici, il Sud non ha fatto alcuna recriminazione”. Aggiunge Totò Martello, sindaco di Lampedusa: “Forse non ci si rende conto di cosa significa ammalarsi di Covid in una piccola isola nella quale non c'è un ospedale, non c'è una sala di rianimazione, e se hai un problema di salute non chiami l’ambulanza come succede a Bologna, devi chiamare un elicottero”.
“È una beffa intollerabile ascoltare commenti secondo cui l’iniziativa delle isole covid-free costituirebbe addirittura privilegio per i territori del Sud e in Sicilia, a danno delle Regioni del Centro-Nord”, afferma Michele Cappadona, presidente regionale dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane, AGCI-Sicilia. “Privilegi al Sud? L’intero Mezzogiorno è prostrato, al di là della pandemia, da un gap storico di investimenti infrastrutturali che dura da 160 anni. Nel 2001, per giunta, la riforma del Titolo Quinto della Costituzione pretese di risolvere la questione meridionale cancellando interamente il terzo comma dell’art. 119, che recitava: ‘Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali’.
È conclamato che la situazione d’insularità della Sicilia, in violazione del diritto dei suoi cittadini al principio di continuità territoriale, riconosciuto anche in sede UE, crea una situazione di svantaggio che costa all’Isola non meno di 6,5 miliardi di euro l’anno, indipendentemente dai danni dell’emergenza covid-19. Mai rispettati i più elementari criteri equi di attribuzione delle risorse al Sud, che ne avrebbe diritto - per investimenti destinati a welfare, diritto al lavoro e infrastrutture - in misura proporzionale del 34%, per la popolazione, e del 41%, per la superficie territoriale. Il cumulo di risorse mai assegnate anno dopo anno sono il motivo del profondo gap tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia. E ora che proprio per eliminare lo svantaggio del Sud all’Italia è stata assegnata dall’Europa una quota di contributo a fondo perduto del Recovery Fund di più di 82 miliardi, mentre alla Francia che ha la stessa popolazione appena meno della metà, i politici si affannano ad affermare di avere agito con equità nel destinare al Sud in diverse linee d’azione del PNRR “più del 34%”. I conti non tornano, al Mezzogiorno viene sempre dato meno di quello che gli spetta. E il divario degli ultimi 160 anni? Oltre le risorse straordinarie che l’Ue attribuisce al Sud, cosa fa lo Stato con le proprie risorse ordinarie per l’allineamento delle condizioni della società e delle imprese del Meridione a quelle settentrionali ed europee?
Se il Mezzogiorno fosse uno Stato - osserva Cappadona - sarebbe il sesto Paese dell’Unione Europea per dimensione demografica, dopo Germania, Francia, Spagna, Italia del Centro-Nord e Polonia. Una realtà che semplicemente viene ignorata.
È una vergogna che gli esponenti politici delle Regioni del Nord si oppongano ad ogni politica di equità destinata a riallineare le condizioni delle due metà d’Italia. Accade per le Zone Franche Montane in Sicilia, se leggiamo il tenore degli interventi contrari nelle commissioni parlamentari.
L’insularità è una condizione di svantaggio, alle Isole (non solo le quelle più piccole, ma anche Sicilia e Sardegna, che avevano proposto le zone covid free) si può accedere solo da porti e aeroporti. Cosa c’è di strano quindi nel volere creare modalità di accesso sicure, sperimentando protocolli per “canali turistici” e “isole Covid-free”, promuovendo l’afflusso turistico proprio dove da sempre il territorio soffre di anacronistica arretratezza?”
Il Consiglio d’Europa, nelle sue più recenti raccomandazioni all’Italia per il 2021 di attuare tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l'economia e la successiva ripresa, sottolinea però che persiste la necessità di attuare le riforme specifiche che per il nostro Paese sono essenziali per affrontare le sfide strutturali a medio e lungo termine. Tra queste, “garantire l'effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all'economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative e ai lavoratori autonomi, ed evitare ritardi nei pagamenti; anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; migliorare l'efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione”.
L’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nelle sue note specifiche per l’Italia ha evidenziato che “la priorità fondamentale per la ripresa è migliorare l’efficacia della pubblica amministrazione”. Per favorire la ripresa dell’Italia è quindi necessario “migliorare la gestione degli investimenti pubblici e rendere, al contempo, più efficaci l’assegnazione e il coordinamento dei compiti di attuazione delle varie politiche tra i diversi livelli di governo”.
“AGCI Sicilia sostiene, da sempre, la necessità di interventi in linea con quanto espresso da Consiglio UE e OCSE”, afferma Cappadona. “In particolare, occorre fornire liquidità all'economia reale, in particolare alle micro, piccole e medie imprese; evitare ritardi nei pagamenti; sbloccare gli investimenti pubblici, dove l’avvio dei cantieri continua ad avvenire con tempi biblici; rendere veloce la durata dei giudizi civili. Infine, aspetto essenziale, rendere efficiente la pubblica amministrazione. Il governo Draghi ha appena nominato 29 commissari straordinari per gestire 57 opere pubbliche bloccate da tempo per ritardi amministrativi, e il ministro Giovannini ha annunciato che proporrà tra breve un’altra lista di opere da commissariare. Draghi ha spiegato che per ciascun cantiere è già previsto il cronoprogramma con la data d’inizio dei lavori. Disporre di un calendario dell’inizio delle opere pubbliche sembra fantascienza in Italia, specie nel Sud. Ma se oggi è necessario nominare commissari, occorre realizzare quella riforma della PA che tutti auspicano e nessuno è riuscito finora ad attuare, anche per la realizzazione delle opere pubbliche.
Ma il rilancio del Paese dopo la pandemia - continua Cappadona - deve significare anche ribaltare la politica degli investimenti per il Sud: impegnare finalmente tutte le risorse che servono per colmare ogni divario tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia. Un esempio è l’attraversamento stabile dello Stretto di Messina: tunnel o ponte, è un’infrastruttura che va realizzata, senza se e senza ma.
Allo stesso tempo, interventi urgenti per garantire liquidità alle mPMI anche attraverso misure di accesso al credito, una politica di sostegni e ristori realistica, insieme ad una moratoria degli oneri fiscali. A livello territoriale in Sicilia occorre anche un coinvolgimento concreto delle parti sociali con Regione e Comuni che attuino un ascolto concreto, non formale e apparente, su come affrontare le criticità. Un cambiamento - conclude Cappadona - che non può essere disgiunto dal frantumare gli ostacoli alla crescita posti a livello locale dalla cattiva burocrazia”.