Nonostante la Camera abbia impegnato il Governo Draghi ad una proroga della notifica programmata di milioni di cartelle fiscali ogni mese, iniziata il 1° settembre, a due giorni dalla scadenza per il pagamento delle somme dovute e finora sospese per il Covid nessun provvedimento è stato previsto dal Cdm.
Cappadona, AGCI: “Sciagurata la scelta di avere iniziato l’invio di 25 milioni di cartelle esattoriali, che dal 30 settembre metteranno in mora cittadini e imprese, prima che fosse programmata una vera 'pace fiscale', indispensabile per il rilancio dell’economia alla fine della guerra contro il Covid. Le forze politiche incalzino il governo a mantenere l'impegno di una proroga”.
Dallo scorso 1° settembre è ripartito l’invio delle cartelle: entro il 30 settembre dovrebbero essere pagate tutte quelle sospese da marzo 2020 ad agosto 2021. Secondo l’Agenzia delle Entrate, entro la fine del 2021 saranno ne saranno inviate circa quattro milioni.
Allo stato attuale, secondo il piano del Governo Draghi il prossimo step è l’approvazione del NaDef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che contiene tutti gli elementi aggiornati, indicatori e stime su crescita e debito pubblico. Solo dopo sarebbero possibili iniziative che affrontino la sospensione (uno stop temporaneo, fino al 31 dicembre 2021) dell’invio delle cartelle maturate durante il periodo della pandemia, con un decreto fiscale, e il tema della riscossione in generale. L’ipotesi di una nuova rottamazione e la contestuale riforma fiscale sarebbero comunque materia della prossima legge di Bilancio.
«La “pace fiscale” è uno degli strumenti fondamentali e indifferibili, la cui adozione totale e immediata è ormai indispensabile per permettere a famiglie ed imprese di superare la crisi dovuta alla pandemia, evitandone il tracollo economico», commenta Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane-AGCI Sicilia «Lo scorso 9 settembre, dopo l’annuncio dell’inizio delle procedure di invio di ben 25 milioni di cartelle arretrate a cittadini e imprese, l’allarme sociale ha causato l’approvazione alla Camera a larghissima maggioranza di un ordine del giorno che ha impegnato il Governo Draghi a stabilire una proroga delle notifiche delle cartelle esattoriali e la disciplina dei debiti già a ruolo, con la sospensione dell’accantonamento per pignoramenti. La “pace fiscale”, non è però una mera proroga: comprende per definizione una serie di misure, concrete e realistiche che consentano effettivamente ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione con il Fisco, versando le imposte dovute senza applicazione di sanzioni e interessi. AGCI Sicilia sostiene la necessità generale, originata dallo stato di emergenza Covid, di una rateizzazione a dieci anni dei debiti con il fisco senza sanzioni né interessi, estesa alle liti pendenti e alle rateazioni già in atto, da concedere a semplice richiesta dei contribuenti senza alcun requisito, per tutte le cartelle notificate e da notificare fino al 30 giugno 2022.
Senza una vera pace fiscale e una politica strategica per garantire l’accesso al credito agevolato alle imprese, svincolandolo dalla cecità surreale del “merito creditizio”, è impossibile programmare seriamente una politica di rilancio economico, specialmente per il tessuto di tutte le micro imprese sottocapitalizzate nel Sud che oggi rischiano di scomparire. Questo è semplicemente il punto di partenza dal quale attuare tutte le politiche di crescita, di cui il Mezzogiorno ha diritto per colmare ogni gap storico accumulato sin dall’Unità d’Italia e mai volutamente colmato (semmai esasperato) a partire dall’ultimo dopoguerra e da tutti i governi della Repubblica, di ogni colore politico.
È del tutto inutile e devastante, per necessità puramente contabile, tenere in vita crediti sostanzialmente inesigibili nell’attivo del bilancio dello Stato e degli enti pubblici, mettendo in mora cittadini e imprese per somme che in questo momento non sono realmente nelle condizioni di pagare. La Sicilia piuttosto si aspetta fiscalità di vantaggio e investimenti pubblici, ZES e Zone franche montane e tutte le infrastrutture materiali e immateriali qui mai realizzate per destinare risorse a vantaggio delle Regioni del Nord. Far piovere milioni di cartelle fiscali invece di investimenti pubblici nei territori del Mezzogiorno, dove il divario economico e sociale è così grave, significa annientare ogni speranza di futuro riscatto di un’Italia unita solo sulla carta geografica, ma che politicamente si continua a volere rimanga divisa in due.»