Allarme da parte di AGCI Sicilia per la posizione assunta dall’INPS che, applicando una legge di 50 anni fa, ha emanato lo scorso ottobre una disposizione che impedisce l’erogazione della pensione di invalidità a quei disabili che vengono impiegati in attività lavorative ai fini di un loro inserimento sociale, anche di minima durata.
La pensione di invalidità, riporta il Messaggio n. 3495/2021 dell’INPS, a far data dallo scorso 14 ottobre potrà essere erogata solo in caso di assoluta inattività lavorativa del soggetto beneficiario.
Il 3 dicembre si celebra la Giornata Internazionale delle persone con disabilità. Il tema scelto per il 2021 è “leadership e partecipazione delle persone con disabilità verso un mondo post-COVID-19 inclusivo, accessibile e sostenibile”. Secondo l’Onu, infatti, “le persone con disabilità, tanto come beneficiari quanto come agenti del cambiamento, possono tracciare velocemente il processo verso uno sviluppo inclusivo e sostenibile e promuovere una società più giusta per tutti”: questo vale a maggior ragione nella particolare fase storica che stiamo attraversando.
Anche quest’anno, il Ministero della cultura italiano aderisce alla Giornata, con il consueto slogan “Un giorno all’anno tutto l’anno”, che sottolinea la necessità di pensare al tema in maniera continuativa e di promuovere un impegno costante per il superamento delle barriere fisiche, cognitive, sensoriali e culturali.
“Avvertiamo l’obbligo di manifestare pubblicamente forte preoccupazione – denuncia Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane, AGCI Sicilia – per la posizione espressa dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale che attraverso il messaggio n. 3495 del 14 ottobre 2021 a firma del direttore generale, Gabriella Di Michele, ha comunicato a tutte le sedi INPS che già dal 14 ottobre il riconoscimento della pensione di invalidità viene vincolato, tra le altre condizioni previste, all’inattività lavorativa delle persone con disabilità”.
Il provvedimento dell’INPS si basa su una norma di oltre 50 anni fa, la legge 30 maggio 1971 n. 118 – prosegue Cappadona – che all’art. 13 prevede la conditio sine qua non di non svolgere alcuna attività lavorativa per avere diritto all’erogazione dell’assegno di invalidità. È una norma che confligge con le finalità della legge 8 novembre 1991 n. 381, che stabilisce la natura stessa delle Cooperative Sociali, con la suddivisione di tali imprese nelle tipologie “A” e “B”. Queste ultime prevedono espressamente l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (tra cui i disabili) nella propria attività, secondo statuto.
Il conflitto normativo tra la legge n. 118/1971 di 50 anni fa e le finalità della legge n. 381/1991 di 30 anni fa è la causa dell’iniqua situazione che emerge dalla disposizione attuativa dell’INPS, che nei fatti appare innegabilmente tardiva.
La politica deve intervenire con la massima urgenza per fermare quest’ulteriore attacco alla dignità delle persone svantaggiate. Tra gli sprechi e le inefficienze dell’apparato statale, della burocrazia e degli Enti parastatali che diventano stipendifici clientelari, ci si chiede – continua Cappadona – se le priorità per fare economie di spesa sono i tagli alle misure di protezione e sostegno dei deboli, degli invisibili e degli ultimi. L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità assolve a diversi, delicati e importantissimi obiettivi di crescita individuale e sviluppo sociale, moltissimi dei quali comuni a tutti tali soggetti fragili, senza distinzione alcuna: mantenere le capacità cognitive residue, esaltando le abilità tecniche richieste per la mansione svolta e le abilità socio-relazionali, limitando processi di isolamento e inattività psicofisica che possono condurre ad un complessivo degrado psicologico della persona con disabilità, cui segue l’eventuale peggioramento del relativo quadro clinico-patologico e, più nel complesso, della qualità della vita; contrastare efficacemente i fenomeni di emarginazione e lo stigma sociale nei confronti della persona disabile, consentendole di essere valorizzata nello specifico ambito lavorativo nel quale, compatibilmente e al di là delle limitazioni di natura sia fisica che cognitiva, può (e deve, vogliamo aggiungere) essere collocata quale risorsa produttiva, inserendosi appieno nella cosiddetta popolazione “attiva” e nelle statistiche sull’occupazione; consentire (anche) alla persona con disabilità di autodeterminarsi, inserendosi nel mondo del lavoro per raggiungere la migliore condizione di indipendenza e benessere raggiungibili, tanto in termini di soddisfazione e autostima globali, nonché economici, compatibilmente e al di là delle eventuali limitazioni soggettive.
Volendo circoscrivere il problema da un punto di vista meramente economico – osserva il Presidente Cappadona – non si può non considerare come la questione venga trattata col più classico e reazionario dei sentimenti assistenzialisti: ad oggi la pensione di invalidità media ammonta alla ragguardevole cifra di 290 euro mensili, decisamente insufficiente a garantire a chiunque una vita dignitosa, ancor peggio se si pensa alla persona con disabilità. Tanto più in funzione del fatto che proprio la condizione di “svantaggio”, se così vogliamo impropriamente definirla, si traduce nella maggior parte dei casi in spese aggiuntive fisse per cure e terapie, che si sommano all’alto costo della vita già difficilmente sostenibile con una retribuzione mensile media per lavoratore corrispondente ad oggi a circa 1.200 euro. Non è una novità del resto, ce lo ricordano quotidianamente i sindacati, le associazioni di settore, la stampa e le statistiche, che i livelli retributivi in Italia non soltanto non vengono adeguati da anni e sono tra i più bassi dell’eurozona, ma (e l’una non può che essere conseguenza dell’altra) che una larghissima fetta di popolazione, già tra quella cosiddetta “normodotata”, vive sul filo della soglia di povertà nonostante abbia un’occupazione.
Emerge semmai da questo quadro – prosegue Cappadona – la maggiore necessità di assicurare alla persona con disabilità che svolga un’attività lavorativa, di poter accedere ad una retribuzione minima adeguata e sufficiente ad affrontare la quotidianità, parimenti a qualsiasi altro lavoratore, corrispondendo una pensione di invalidità che integri la differenza tra quanto percepito dal lavoro e i livelli minimi di retribuzione previsti dai diversi CCNL che, a proposito, al momento sopperiscono alla vacatio di una normativa sul salario minimo sul quale lo stesso Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, si è espresso positivamente nelle ultime settimane. Un motivo in più – afferma Cappadona – per ritenere la normativa da cui trae origine il provvedimento del direttore generale INPS Di Michele ben due volte discriminatoria nei confronti delle persone disabili: per quanto osservato sin’ora sembra non sia possibile, si accorge solo ora l’INPS, che una persona pur disabile e invalida possa non soltanto essere capace di lavorare, ma addirittura di poter condurre, pur con tutte le evidenze del caso, una vita autonoma al di fuori del nucleo familiare d’origine e senza necessariamente gravare sulle forze e sulle finanze di quest’ultimo, senza necessitare di supporto e sostegno di eventuali persone conviventi o, più in generale, di un caregiver. Malgrado le deficienze del Sistema Italia in tema di abbattimento delle barriere architettoniche, sul quale pure la strada è ancora lunga, giungono ogni giorno testimonianze di persone con disabilità che conducono un’esistenza dignitosissima e quasi in totale autonomia.
AGCI Sicilia, che rappresenta tantissime cooperative sociali impegnate ogni giorno nel contrasto all’emarginazione sociale e all’inserimento lavorativo dei disabili, ritiene doveroso avviare a livello nazionale e con la massima urgenza un dialogo tra tutte le Associazioni settoriali e di rappresentanza, Governo e Parlamento per scongiurare gli effetti negativi di tale provvedimento dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, e, al contrario, per elaborare soluzioni finalizzate a tutelare la parità e a garantire pieno esercizio dei diritti alle persone con disabilità.
È questo – conclude Michele Cappadona – che AGCI Sicilia pensa sia il modo migliore di celebrare la Giornata Internazionale delle persone con disabilità”.
Credist: IlGazzettinodiSicilia