Oliveri, AGCI Palermo: “Perché la Regione non chiede conto ai Comuni come mai per mesi, semestri, anni strutture e operatori dell’assistenza sociale non vengono pagati? Come vengono utilizzati i fondi loro destinati in bilancio? Perché l’assessora Mantegna è inerte? Perché il sindaco Orlando non dice una parola?”
“Le cooperative sociali e gli altri Enti del Terzo Settore, non venendo pagate dal Comune per semestri e anni le rette mensili per il lavoro e i servizi prestati, finanziano loro – nei fatti – al posto dell’amministrazione pubblica le attività di accoglienza e i servizi socio-sanitari di minori, donne in difficoltà e disabili, nonostante i fondi statali, regionali, comunali appostati in bilancio dovrebbero essere sempre immediatamente disponibili. Il sistema del privato sociale costituito da onlus/ETS, insostituibile presidio per le categorie più fragili viene distrutto dalla malaburocrazia, lasciata senza vigilanza, controllo né guida politica. L’impunità impera, la legalità è solo retorica da periodo elettorale”.
Così Mirco Oliveri, responsabile provinciale Settore Comunità minori e donne a rischio dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane – AGCI Palermo, in una lunga denuncia contro la situazione di blocco dei pagamenti per i servizi del settore “Cittadinanza Solidale” del Comune di Palermo”, che continua a rimanere irrisolta e del tutto ignorata dalla Giunta Orlando.
“Non si ferma l’atteggiamento ostruzionistico della amministrazione comunale palermitana, che continua a non procedere al pagamento delle cooperative (e altre realtà onlus/ETS) incaricate di gestire per suo conto l’assistenza essenziale per le persone più fragili: minori vittime di abusi avvenuti in famiglia, disabili e disabili psichici, mamme e donne vittime di violenza che hanno fatto ricorso al “codice rosso” e dunque ospitate nelle strutture di accoglienza”, spiega Mirco Oliveri.
“L’ospitalità è ordinata spesso con procedure d’urgenza da parte dei Tribunali, che intervengono per la protezione delle persone in condizione di fragilità e per la messa in sicurezza delle vittime di abusi e violenza, di cui fin troppo di frequente apprendiamo dalle cronache.
Le comunità di accoglienza offrono un servizio h24 che richiede una professionalità specifica e lo fanno attraverso personale adeguato e formato, come educatori professionali, psicologi, assistenti sociali, pedagogisti, medici, riabilitatori, infermieri, logopedisti, psichiatri e tantissime altre figure che sarebbe impossibile elencare brevemente.
Ma oltre la specifica professionalità, a chi si dedica a questa missione sociale è richiesta anche un’altra dote fondamentale: la devozione verso chi si trova in condizioni di fragilità – sottolinea Oliveri -. Non è un lavoro come un altro, ogni struttura è una vera e propria famiglia dove il rapporto tra personale ed ospite non è assimilabile a quello che in un impiego qualsiasi intercorre nei confronti di utenti/clienti. È inevitabilmente relazione affettiva prima di ogni cosa. Ogni utente ha la sua storia, sempre brutta. Le persone ospiti di queste strutture ritrovano un progetto di vita, i ragazzi vanno a scuola, qualcuno anche all’università, fanno sport ed hanno anche una paghetta settimanale: come i nostri figli. Le mamme con i loro figli ritrovano la serenità di un ambiente sano lontano dalle brutte esperienze vissute e hanno la possibilità di ricominciare a vivere una vita normale, lontana dai disastri di cui sono vittime. I diversamente abili vengono assistiti giornalmente con amore, ciascuno secondo il loro grado di disabilità.
Ovviamente, le cooperative e gli altri ETS non agiscono in perfetta autonomia, senza controlli, hanno sempre alle loro spalle servizi pubblici che vigilano sul corretto operato e danno il loro fondamentale apporto nei progetti di inclusione sociale – continua Oliveri -. Si, perché ciascuna delle persone accolte nelle strutture ha un progetto: inserimento nel mondo lavorativo, a volte a partire da quello scolastico, recupero delle loro funzionalità in base alla disabilità e così via. Vigila la procura, lo fanno gli assistenti sociali dei Comuni cui ogni ospite fa riferimento ed è assegnato, ma anche psichiatri, medici, pedagogisti. Si lavora in team con loro.
Molte delle strutture di accoglienza, che non sono affatto enti commerciali ma sono un complemento operativo privato che garantisce un servizio pubblico, si occupano anche di formazione al lavoro attraverso tirocini formativi per i giovani laureati nel settore. Tutte le persone che lavorano in questo campo hanno oggi almeno una laurea, c’è anche chi ne ha più d’una, senza contare i master specifici.
Tutto questo lavoro si svolge con turnazioni di 24/ 24 ore 365 giorni all’anno e senza alcun tipo di pausa, che per ovvi motivi è impossibile, neanche in periodo di covid.
La pandemia chiaramente – ricorda Oliveri – è arrivata anche all’interno di queste strutture. E da sole hanno affrontato questi anni di emergenza, fatte salve certamente le azioni di qualche associazione privata o la generosità delle forze dell’ordine che ogni anno organizzano bellissime feste per gli ospiti sotto Natale o Pasqua. Ma, dal fronte del Comune di Palermo mai nulla. Non si è vista neanche una semplice mascherina chirurgica.
Il lavoro è svolto con talmente tanta devozione che moltissimi continuano a lavorare senza percepire stipendi ormai da quasi un anno – afferma Oliveri -. Ma non tutti dimostrano la stessa sensibilità, a partire dalle banche che oggi a seguito dei mancati pagamenti da parte del Comune di Palermo annunciano azioni legali di rientro dei crediti concessi, che minacciano per l’enorme quantità delle rette impagate, di portare al fallimento le cooperative. Poi ci sono i costi, affitti, utenze, adeguamenti normativi ma soprattutto i contributi dei lavoratori. I mancati pagamenti da parte del Comune, infatti, determinano lo svuotamento delle casse delle cooperative ed associazioni e per molti, dunque, l’impossibilità di fare fronte al pagamento mensile, e l’INPS non aspetta. Non pagare i contributi ai lavoratori è una mancanza gravissima, di cui per quanto spiegato il Comune di Palermo è corresponsabile. Le comunità locali operano territorialmente e così nei fatti dipendono economicamente quasi totalmente dai capricci contabili del Comune di Palermo.
Non pagare le rette dei ricoveri alle strutture impedisce il pagamento dei contributi ai lavoratori da parte delle strutture che, a questo punto, si ritrovano non certo per loro colpa a non disporre del documento di unico di regolarità contributiva. Il cosiddetto Durc. E senza Durc valido… il Comune non paga. Curioso, no?
La percezione che se ne ha – continua Oliveri -, è come fosse operativo ormai da anni un ufficio surreale, l’ufficio rallentamento pagamenti attività sociali. Il procedimento che dovrebbe concludersi con il giusto pagamento delle rette mensili, in un moto quasi perpetuo per mesi e mesi continua a rimbalzare tra gli uffici della “Cittadinanza Solidale” e della Ragioneria. Ciascun settore incolpa l’altro di non saper lavorare e di sbagliare le pratiche. Nel frattempo il Durc perde di validità.
Fosse soltanto questo – commenta Oliveri -, ci sono voluti mesi e mesi per provare a concordare il testo di un contratto tra Comune di Palermo e Cooperative/Associazioni, che gestiscono il servizio attraverso una specifica iscrizione all’albo regionale. ‘Senza un contratto non si può essere pagati’, scrive a fine 2021 la dirigente del servizio Fernanda Ferreri supportata dall’assessora Mantegna, anche se il servizio è già stato reso. Eppure lo schema di contratto è già stato definito da norme regionali, che motivo c’è di scriverne uno nuovo, con condizioni in contrasto con quanto stabilito per legge?
La stessa dirigente adottando una modalità attuativa tutta sua – dichiara Oliveri -, adesso rifiuta l’intero pagamento delle rette, contestando l’eccedenza di singoli ospiti nelle comunità rispetto al numero massimo previsto (tra l’altro esiste una tolleranza di legge). Utenti che però vengono inseriti su inderogabile ordine di un Giudice del Tribunale in condizioni di emergenza, spesso perché non sono disponibili posti altrove. Ordine di affidamento cui le cooperative non possono ovviamente in ogni caso sottrarsi. Per meglio dire, la dirigente non si oppone all’affidamento disposto dal giudice (come potrebbe?) ma pretende inspiegabilmente di pagare soltanto una piccolissima quota giornaliera, da lei determinata arbitrariamente. Le rette che il Comune deve riconoscere sono il corrispettivo di precisi servizi, relativi al pranzo ed alla cena, libri di scuola, cure mediche, sport, attività esterne, riabilitazioni e quant’altro viene assicurato a tutti gli ospiti. Ci si chiede: secondo la dirigente, se il Comune decurta arbitrariamente le rette (che poi paga dopo semestri o anni di ritardo), sono le cooperative che dovrebbero poi scegliere quali servizi fornire e quali no, discriminando senza motivo taluni ospiti affidati rispetto a tutti gli altri, a casaccio? Senza nulla togliere a chi gestisce un B&B, il Comune non può decurtare gli importi, operando unilateralmente “sconti” su rette stabilite dalla Regione, come se le comunità di accoglienza fossero strutture turistiche extra-alberghiere low-cost, cioè strutture commerciali che forniscono solo vitto e alloggio. Non è certo questo l’ambito di competenza dell’assistenza sociale, né questa la missione cui dovrebbe adempiere una società civile e non discriminatoria, nel garantire servizi essenziali.
Il numero massimo di utenti nelle case di accoglienza per minori – spiega Oliveri – era inizialmente fissato a 10 unità per struttura con una tolleranza del 10% in piu. Questo limite è stato aumentato per legge nel 2021 ad una capienza massima di 15, proprio per fronteggiare la evidentissima recrudescenza del fenomeno di violenze, abusi, maltrattamenti e la carenza di strutture di accoglienza in grado di accoglierle sul territorio a cui è necessario far fronte. Sottolineo l’aspetto della carenza: infatti molti ETS hanno già chiuso ed altri chiuderanno ben presto.
In sostanza, la dirigente e l’assessora del Comune di Palermo, contestando l’applicazione delle tariffe regionali ai soggetti assegnati in emergenza dal Tribunale in numero eccedente a quello massimo stabilito per la struttura, bloccano il pagamento anche di tutte le rette non contestate.
Per mesi, semestri e anni il Comune, invocando vari motivi, in realtà senza plausibile giustificazione, non corrisponde il pagamento per il lavoro e i servizi prestati per suo conto agli utenti dell’assistenza sociale pubblica.
Le strutture sono tenute a mantenere gli standard qualitativi previsti per le legge ma si sono trovate inevitabilmente anche ad affrontare autonomamente e senza alcun tipo di supporto gli ulteriori aggravi dovuti al covid prima ed alla guerra adesso, ma è lecito chiedersi quale sia lo standard qualitativo che il Comune di Palermo offre in quello che appare solo come un illusorio spot meramente propagandistico di ‘Città della accoglienza’ – commenta Oliveri -.
A causa di questi ed altri atteggiamenti, le cooperative non pagate sono costrette a rivolgersi al tribunale (è obbligo di un amministratore intraprendere le giuste azioni a tutela del credito) per fare emettere decreti ingiuntivi che ovviamente (dopo anni) vedono sempre il Comune di Palermo soccombere, con ulteriori aggravi di spese legali ed interessi. Sono inutili ulteriori costi, che vanno anche ad aggravare la già compromessa situazione finanziaria del Comune: basterebbe semplicemente pagare nei tempi previsti. Tali somme potrebbero essere destinate per migliorare i servizi di accoglienza invece di andare a foraggiare le banche, si tratta di milioni di euro di danni causati sempre dalle inefficienze del settore della Cittadinanza Solidale e della Ragioneria Generale, per i continui rimpalli sui motivi che impediscono il saldo delle rette.
Unica nota veramente positiva verso la normalizzazione della gestione – esprime Oliveri – potrebbe concretizzarsi grazie ad una procedura totalmente informatizzata che la SISPI si è impegnata a rilasciare entro un paio di mesi al massimo e fortemente voluta dalle associazioni di settore. Vista anche la carenza di personale assegnato al settore Cittadinanza Solidale, la nuova procedura SISPI potrebbe migliorare sensibilmente la situazione in termini di rapidità di lavorazione delle pratiche che a tutt’oggi nel 2022 richiedono ancora il maneggio di documentazioni cartacee e farraginose lungaggini da amanuensi.
I fondi stanziati che il Comune utilizza sono largamente coperti con finanziamenti Regionali e Statali e solo per una parte con fondi comunali, per cui dovrebbero essere disponibili, anche se a questo punto visto l’andazzo di mantenere un’inspiegabile cronico ritardo nel corrispondere i saldi dei servizi prestati, sarebbe naturale domandarsi se non vengano utilizzati in qualche modo per altre necessità di bilancio.
È di qualche giorno fa – richiama Oliveri – la notizia delle dimissioni dell’avvocatessa Marcella La Manna, dal suo ruolo di garante dei disabili, rimasta inascoltata per ben tre anni prima di giungere alla estrema decisione di rinunciare al suo incarico fornito gratuitamente su richiesta dello stesso Comune di Palermo.
La situazione viene percepita dagli operatori del settore con evidente sgomento, come un incomprensibile e sconvolgente cinismo da parte della burocrazia che amministra il settore con procedure che, per il danno che producono alle comunità di accoglienza, nulla hanno a che fare con l’assistenza sociale e la tutela delle fragilità, comparando gli ospiti di queste strutture ad oggetti da spostare ‘in deposito’ da una parte all’altra, se non peggio. Come se ciascuno di loro non fosse da considerare una persona con gli stessi diritti di chi nella vita è stato più fortunato – continua Oliveri -. E come se tutte le persone che nel settore lavorano con professionalità e competenza, e che ringrazio per la loro tenacia, dimostrando una capacità incredibile di resilienza nonostante vengano impunemente calpestati i loro diritti e la loro dedizione, quasi non esistessero.
Lo stato di abbandono in cui da troppi anni versa il settore testimonia il disinteresse che, a Palermo, dimostra la Giunta comunale del sindaco Leoluca Orlando verso le politiche sociali e i diritti dei più fragili. Ma anche come sia stata finora inadeguato il controllo e la vigilanza da parte degli assessorati regionali competenti. Chiediamo quindi – conclude Oliveri – che gli assessori Antonio Scavone, alla Famiglia, e Marco Zambuto, alle Autonomie locali, procedano nei confronti delle amministrazioni comunali con un intervento risolutivo di questa vergognosa situazione. E nel chiedere conto del perché gli operatori delle comunità di accoglienza in Sicilia debbano vedere sminuito il loro impegno, disprezzato il loro lavoro e umiliata la loro missione”.
Credits: IlGazzettinodiSicilia