Pioggia di commenti negativi sui social per le dichiarazioni, seppure decontestualizzate, del direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini sulla definizione di evasore e sulle sanzioni a chiunque non paga in tempo le cartelle esattoriali.
Ciò che in sintesi viene contestato è il concetto che in Italia ci siano 19 milioni di soggetti (cittadini e partite iva) che in un modo o nell'altro rientrerebbero nella categoria degli "evasori" perché hanno almeno una cartella esattoriale. Per sanzionare il fenomeno Ruffini dichiara che non si può pensare di rinchiudere tutti gli evasori, così definiti, in carcere, meglio che lavorino per ripagare la collettività. Dal carcere ai "lavori forzati", il dibattito si muove ancora tra guerra totale all’evasione e pace fiscale.
«Il direttore dell'agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini ci fa intendere che in Italia ci sono 19 milioni di evasori, 16 milioni di persone fisiche e 3 milioni di società, ditte e partite Iva - commenta Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane, AGCI Sicilia -. Per cui, tolti i minori che sono circa 10 milioni su quasi 59 milioni di abitanti, e considerando che nel nostro Paese ci sono sono 25 milioni e 700 mila famiglie formate da 2,3 componenti in media, il direttore dell'Agenzia delle entrate-Riscossione ha in sostanza affermato che tutte le famiglie che vivono in Italia “evadono”. Non si può aprire la caccia all’evasore definendo tale chiunque abbia almeno una cartella esattoriale dal mancato pagamento di verbali e violazioni al codice della strada a quello relativo a tasse e imposte, per finire con i mancati versamenti previdenziali, anche quando il motivo è attribuibile da oggettive fisiologiche difficoltà e ritardi. Come può un uomo che occupa un ruolo così importante fare un affermazione del genere contro elementi di statistica da quinta elementare, quando a fronte della pesantissima situazione economica, post covid e in piena crisi energia, solo l'imposta sui consumi degli italiani (l’IVA) è al 22%, tra le più alte d'Europa? Un onere insostenibile, com’è stato denunciato lo scorso aprile dal Consiglio nazionale di commercialisti nel corso di un’audizione sul Def svoltasi presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato. L'ordine dei commercialisti alla Camera ha infatti lanciato l’allarme sull’incremento del carico fiscale, sostenendo che occorre tenere sotto controllo l’aumento del gettito Iva. La pressione fiscale reale italiana, calcolata al netto del sommerso, ha raggiunto ormai il 49%, il livello più alto d’Europa. Nel 2019 era al 48,2%.»
«Secondo lo stesso Ruffini - sottolinea Cappadona - abbiamo un magazzino dei debiti fiscali a ruolo, con pratiche non riscosse che risalgono fino a 22 anni fa, che ammonta ad oltre 1.100 miliardi di euro, 130-140 milioni di cartelle, 230 milioni di singoli crediti da riscuotere, circa 16 milioni di cittadini iscritti a ruolo. Ma se un cittadino non aveva 5 mila euro da saldare prima di Covid e guerra in Ucraina, come potrebbe averli adesso, maggiorati da interessi e sanzioni? Non si può mettere un cappio al collo di 16 milioni di italiani e 3 milioni di imprese. Serve una grande e definitiva operazione di Pace Fiscale. Occorre innanzitutto svuotare il “magazzino” dagli arretrati di 22 anni fa e di tutte le pratiche oggettivamente inesigibili. Rottamando poi le cartelle facendole pagare almeno in 10 anni senza interessi, lo Stato comincerebbe a incassare decine e decine di milioni di euro, liberando definitivamente cittadini e imprese da oneri cui non possono fare fronte».
«Da siciliano è per me impossibile non accostare con il pensiero il cognome del direttore AdER a quello del suo illustre omonimo prozio cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo e primate di Sicilia. Mi schiero assolutamente, dal punto di vista sociale, sul principio cristiano di garantire la solidarietà verso i più deboli - che una “guerra delle cartelle” indiscriminata verso i “maramaldi” travolgerebbe - e guardo invece ad una pace fiscale che aiuti - senza retorica - ad avere la necessaria serenità per affrontare insieme con fiducia le difficoltà in cui ci troviamo».
«Per inciso - spiega Cappadona - la prova di quanto sia importante e produca risultati immediati l’utilizzazione strategica delle politiche fiscali, è il superbonus 110%, pensato per rilanciare il settore dell’edilizia e rendere più efficienti energicamente e antisismiche le case degli italiani. L'attuale blocco della cessione dei crediti fiscali, con un monte di detrazioni ad aprile (dati ENEA) di 30,2 miliardi (21,1 per lavori terminati) sta creando forte allarme nelle aziende: se non riparte il meccanismo della cessione dei crediti, 33mila imprese artigiane nella filiera delle costruzioni rischiano di fallire e 150mila lavoratori di perdere il posto. Occorre creare volani per l’economia, non smantellare quelli che funzionano».
«L’Italia ha bisogno di ossigeno per sopravvivere, prima di uscire dalla crisi - conclude Cappadona -. Non si può pensare di soffocare solo e sempre i soggetti con piccolo reddito che agiscono in condizioni di estrema difficoltà. Il risanamento deve guardare ad una concreta, definitiva Pace Fiscale che aiuti cittadini e operatori economici nella ripresa, e una accurata lotta ai veri grandi evasori, che non è stata mai fatta».