Politiche sociali. La Pubblica Amministrazione continua paradossalmente a scaricare sugli enti del Terzo Settore, associazioni e cooperative, l’onere della mancata destinazione di risorse adeguate per il puntuale pagamento dei costi, accertati e stabiliti dalla Regione, per i servizi di assistenza sociale svolti direttamente per i Comuni della Sicilia.
Alla nota condizione di generale illiquidità lamentata dai Comuni, si aggiunge l’arbitrio di alcuni dirigenti e funzionari locali, che da anni si rifiutano di applicare modelli di convenzione e modalità di pagamento espressamente disposti da norme della Regione, senza che venga intrapresa alcuna censura dagli organismi di vigilanza e controllo.
Sull’aggravarsi della già critica situazione, che il governo Musumeci ha lasciato irrisolta, la scorsa settimana l’assessore alla Famiglia e politiche sociali della Regione Siciliana, Nuccia Albano, ha incontrato il presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane-AGCI Sicilia, Michele Cappadona, nella sede dell’assessorato in Via Trinacria.
«Desidero innanzitutto ringraziare l’assessore Nuccia Albano per la disponibilità e l’attenzione dimostrata verso la nostra segnalazione di un quadro sempre più allarmante, che rischia di annientare del tutto il sistema degli enti del “privato sociale”, cooperative e altri soggetti del Terzo Settore che garantiscono ai cittadini i necessari servizi di assistenza a livello territoriale in Sicilia», dichiara Michele Cappadona, presidente AGCI Sicilia.
«I Comuni da lungo tempo ormai lamentano la generalizzata cronica condizione di dovere effettuare continui tagli nella spesa per insufficienza di fondi. Per garantire diritti incomprimibili come quelli che riguardano l’assistenza verso i cittadini più fragili, nel bilancio della Regione sono previste specifiche risorse. A questo punto il meccanismo si inceppa. La Regione non si fa carico dell’intero costo del fabbisogno determinato, i Comuni adottano un arbitraria discrezionalità ritardando, a volte per anni, il pagamento dei servizi di assistenza sociale, utilizzando invece le disponibilità di bilancio anche per spese correnti di natura non obbligatoria. Tra le categorie fragili colpite da questa dinamica ricadono anziani inseriti in case di riposo, donne vittime di violenza con minori ospitati in case famiglia, minori in comunità alloggio per piccoli reati in alternativa al carcere minorile, varie tipologie di disabili e inabili. Riferiamoci ad esempio ai disabili psichici - continua Cappadona -. Secondo quanto previsto dalla regolamentazione delle convenzioni tipo, emanata dalla Regione il 10 agosto 1996 (tenendo conto dell’adeguamento Istat dell’8,1% al primo gennaio 2023), la relativa retta mensile in comunità alloggio è in atto di 2607,21 euro. Secondo le comunicazioni annuali che provengono dai Comuni, il dato consuntivo 2021 riporta 2263 cittadini disabili utenti del servizio. Il fabbisogno per il 2023 è dunque, secondo i dati ufficiali disponibili, di 2607,21 euro x 12 mesi x 2263 utenti = 70.801.394,76 euro/anno. Nel bilancio della Regione sono appostati, di competenza, 12.610.000 euro nel capitolo 182519 e 4.000.000 nel capitolo 183363, per un totale di 16.210.000 euro, cioè il 23,46% del fabbisogno di 70.801.394,76 euro/anno. Di conseguenza, per l’assistenza di ciascuno dei cittadini disabili dei 2263 censiti in Sicilia ospitato presso le comunità alloggio, con il personale obbligatorio previsto dalla legge, ogni Comune ha un costo stabilito dalla Regione per il 2023 di 31.286,52 euro/anno, in relazione alla quale la stessa Regione contribuisce solo con 7339,81 euro/anno. I Comuni, adducendo proprie difficoltà economiche, ritardano generalmente di molti mesi, se non di anni il pagamento di quanto dovuto. Tenendo conto che il 95% almeno dei costi vivi delle associazioni e cooperative sociali che gestiscono le strutture di accoglienza sono per le voci di personale obbligatorio, fitto locali, vitto ed energia, è evidente che il ritardo influisce negativamente sulla qualità del servizio e gli stipendi del personale, compromettendo la possibilità di pagare regolarmente i contributi, disporre del Durc e inibendo quindi le imprese sociali dal potere ricevere ulteriori pagamenti, anche da altre pubbliche amministrazioni. Inoltre, il cronico ritardo nei pagamenti non consente neanche di potere chiedere l’anticipazione bancaria dei crediti vantati verso Comuni e Asp. Gli istituti di credito infatti rifiutano ormai di scontare i crediti verso la PA, giudicati di incerta esigibilità. Per inciso, la cessione del credito qualora il rating lo consentisse avrebbe un costo che nel 2021 era dell’1,30%, ora anche dell’8,70%. Interessi di cui non si comprende come e per quale motivo sia pensabile onerare un ente senza scopo di lucro, che fornisce un servizio alla pubblica amministrazione che andrebbe pagato per legge entro 30 giorni.
Ragionevolmente si osserva che sarebbe opportuno, intanto, in riferimento ai numeri sopra citati, provvedere ad aumentare il contributo regionale ai Comuni per il loro fabbisogno annuale all’assistenza dei disabili psichici, accertato in 70.801.394,76 euro, dagli attuali 16.610.000 euro (23,46%) ad almeno 50.000.000 euro. Paradossalmente - osserva Cappadona - il presidente Agci, nell’intervenire qui a tutela delle cooperative sociali, si pronuncia allo stesso tempo in luogo dell’Anci nel difendere gli interessi dei Comuni.
Attendiamo a breve un nuovo incontro con l'assessore Albano per approfondire meglio come affrontare le dinamiche critiche delle politiche sociali regionali.
È bene ricordare - conclude Cappadona - che i diritti connessi ai servizi di assistenza non sono incomprimibili perché riguardano una particolare categoria svantaggiata di persone: il principio di eguaglianza sostanziale non distingue fra cittadini fragili e non. Le norme positive di garanzia delle persone anziane, minori a rischio e donne vittime di violenza, disabili, inabili, non garantiscono “di più” a questi ultimi: esse, semplicemente, attivano strumenti particolari adattandoli a diseguaglianze particolari. Garantiscono quel valore fondamentale che si chiama solidarietà, su cui si fonda la cooperazione».