Cappadona, AGCI Sicilia: «Tantissime aziende e lavoratori non potranno aderire alla “Rottamazione quater”. Troppo alto l’importo delle due rate iniziali, ciascuna pari al 10% del debito, con scadenza ottobre e novembre 2023. Troppo breve la dilazione per il restante 80%, da pagare in quattro anni. Contestiamo la sospensione della rateizzazione fino a 120 mesi, che è prevista per legge».
I vantaggi dei termini della rottamazione quater non consentono la pace fiscale a tante aziende in difficoltà piegate prima dal Covid, poi dal protrarsi dalla crisi energia, con una prospettiva che vede ancora lontana la conclusione del conflitto ucraino in Europa.
"Insensato avere sospeso le vigenti norme sulla possibilità di dilazionare l’importo in 120 mensilità, di chiedere rate variabili di importo crescente, di non decadere dall’agevolazione in caso di ritardato pagamento dopo 5 giorni dalla scadenza di una sola rata".
La Legge n. 197/2022 ha stabilito la possibilità di pagare in forma agevolata i debiti affidati in riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, anche se ricompresi in precedenti “Rottamazioni” che risultano decadute per mancati pagamenti.
L’art.4 del DL n. 51/2023 ha poi introdotto alcune modifiche in materia di “Definizione agevolata”:
- Differimento dal 30 aprile al 30 giugno 2023 del termine per la presentazione della domanda di adesione alla Definizione agevolata (Rottamazione-quater) prevista dalla Legge n. 197/2022;
- Differimento dal 30 giugno al 30 settembre 2023 del termine entro il quale l’Agenzia delle entrate-Riscossione trasmetterà ai contribuenti la “Comunicazione delle somme dovute” per il perfezionamento della Definizione agevolata.
Conseguentemente, la norma ha previsto che il pagamento dei carichi compresi nella Definizione agevolata deve essere effettuato:
- in unica soluzione entro il 31 ottobre 2023 (non più entro il 31 luglio 2023);
- nel numero massimo di diciotto rate, la prima e la seconda delle quali, ciascuna di importo pari al 10 per cento delle somme complessivamente dovute ai fini della definizione, con scadenza rispettivamente il 31 ottobre (invece che il 31 luglio) e il 30 novembre 2023. Le restanti rate, di pari ammontare, scadranno il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.
In caso di pagamento rateale, sono dovuti, a decorrere dal 1° novembre 2023 (e non più dal 1° agosto 2023), gli interessi al tasso del 2 per cento annuo.
«Troviamo illogico e incoerente l’impianto della cosiddetta “Rottamazione quater”, cui aderire il prossimo 30 giugno. Siamo in totale disaccordo con la decisione in controtendenza, che riteniamo un disastroso errore, di avere introdotto nella legge finanziaria 2023 una norma che sospende l’applicazione delle vigenti disposizioni sulla dilazione del pagamento stabilite dal DPR n. 602/1973, art. 19 - dichiara Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane, AGCI Sicilia -. Mi riferisco in particolare a tre aspetti: all’avere sospeso la prevista possibilità, a richiesta del contribuente, di una rateazione in 72 rate mensili elevabili a 120 “ove il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficolta' legata alla congiuntura economica”. Impedita anche la possibilità da parte del debitore di “chiedere che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno”. Troviamo inoltre insensato, stante lo stato di crisi, avere sospeso anche la possibilità di consentire la non decadenza del piano di dilazione “in caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di otto rate, anche non consecutive”.»
In caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, anche di una sola rata, la Definizione agevolata risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute (c. 244, art. 1, L. n. 197/2022).
«Abbiamo da tempo più volte denunciato la situazione di difficoltà di molte aziende già finanziariamente fragili nel 2019 che, colpite dalla crisi Covid 2020-2021, non sono più riuscite a riprendersi». spiega Michele Cappadona. «Chi ha avuto la sfortuna di accumulare debiti con l’erario e non riesce ad incassare i propri crediti, specie nel caso riguardino enti pubblici, si trova nella difficoltà di non riuscire a far fronte contemporaneamente agli oneri correnti e a quelli pregressi.
Il sempre maggiore numero dei Comuni in dissesto causa un disastroso effetto domino di illiquidità nei loro fornitori e, a cascata, in tutti i soggetti loro collegati economicamente, a partire dai dipendenti. Questo dovrebbe comportare misure compensative, di sostegno e contenimento rispetto alle relative situazioni di grave difficoltà, e non il contrario.
Facciamo l’esempio di un’impresa che ha oggi un debito erariale di 200-400mila euro, secondo i termini della Rottamazione quater dovrebbe pagare due rate pari ciascuna al 10% alla fine di ottobre e novembre di quest’anno. Nel caso di un debito per 200-400mila euro si tratta di una cifra di 20-40.000 euro per rata, in aggiunta al carico ordinario di gestione. Per molte aziende si tratta di pura fantascienza. Occorre innanzi tutto liberare il “magazzino” dell’Agenzia delle entrate dagli arretrati fino a 23 anni fa per tutte le pratiche oggettivamente inesigibili. Poi, molto realisticamente - continua Cappadona - abbiamo più volte sostenuto che l’unica soluzione praticabile, nei casi come quelli di cui sopra, presi ad esempio, sia mantenere la prevista rateizzazione fino a 10 anni senza interessi. Si invoca il principio che le rottamazioni rappresentino un torto per chi ha sempre pagato tutto regolarmente. Ma non si comprende come si possa trovare giusto non riconoscere un cronico stato di difficoltà indotto dal ritardo di pagamenti dovuti dalla Pubblica Amministrazione. Finché i ritardi da parte dei committenti pubblici continueranno, in spregio alle norme, non pare corretto chiedere alle imprese private il versamento dei contributi, senza alcuna sospensione. Creando cioè prima lo stato d’illiquidità all’impresa privata, poi vessandola chiedendole d’indebitarsi sapendo allo stesso tempo come sia impossibile accedere al credito in tali condizioni. Finché non si uscirà da questo circolo vizioso e dall’equivoco di cosa debba significare l’espressione”pace fiscale” nei confronti delle imprese, l’unica conseguenza sarà l’aumento delle cessazioni di attività, anche coattive, e l’impossibilità da parte del fisco di incassare debiti verso l’erario del tutto inesigibili. Auspichiamo quindi - conclude Cappadona - un urgente cambio di rotta nelle politiche di governo. Prima che sia troppo tardi».