Insediata a Palazzo d'Orleans la cabina di regia per l'emergenza idrica, istituita dalla giunta regionale per iniziativa del presidente della Regione Renato Schifani.
L’organismo di contrasto alle conseguenze della siccità sarà guidato dallo stesso Schifani e coordinato da Salvatore Cocina, capo della Protezione civile Sicilia.
Non ne fanno parte il segretario generale dell’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia, Leonardo Santoro e il dirigente generale del Dipartimento all’Agricoltura, Dario Cartabellotta, entrambi invece componenti dell’Unità di crisi sull’agricoltura, commissione aperta al confronto con le associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e rappresentanti del settore agricolo, insediata lo scorso 6 febbraio e presieduta dall'assessore all'Agricoltura, Luca Sammartino.
L’iniziativa fa seguito alla dichiarazione di calamità naturale nel territorio siciliano deliberato dalla giunta regionale lo scorso 9 febbraio e la successiva richiesta del 2 aprile al governo Meloni di riconoscere lo stato di emergenza nazionale.
«La cabina di regia sarà una struttura operativa e snella che dovrà individuare e coordinare interventi rapidi e concreti contro l’emergenza siccità - ha spiegato il presidente Schifani -. Un organismo che unisce le competenze accademiche e scientifiche che servono per individuare ogni possibile soluzione e quelle tecniche per attuarle nel modo più efficace e veloce possibile».
«Monitoriamo costantemente la situazione - continua Schifani -, nella consapevolezza che il perdurare della mancanza di precipitazioni richieda risposte urgenti. Abbiamo già avviato una proficua interlocuzione con la Protezione civile nazionale che ci ha indicato gli interventi finanziabili per far fronte al contesto emergenziale estivo. Si partirà dalla rigenerazione dei pozzi esistenti a cura della Protezione civile e si proseguirà percorrendo tutte le strade possibili. Nell’ottica della massima collaborazione istituzionale tra Regione e Stato, ho telefonato anche al ministro Musumeci per una riunione tecnica in video collegamento con i nostri uffici».
Fanno parte poi della cabina di regia: il dirigente generale del dipartimento regionale Tecnico Duilio Alongi; l’avvocato generale della Regione Giovanni Bologna; Mario Cassarà del dipartimento regionale Acqua e rifiuti; Antonino Granata dell'Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia; Giorgio Domenico Micale, professore ordinario di Teorie dello sviluppo dei processi chimici del dipartimento di Ingegneria dell'università di Palermo; Mario Rosario Mazzola, già professore ordinario di Costruzioni idrauliche presso l'università di Palermo, attualmente presidente della fondazione Utilitatis e componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici; Enrico Foti, ordinario di Idraulica dell'università di Catania; Salvatore Barbagallo, professore ordinario di Idraulica agraria dell'università di Catania; Salvatore Sammartano, capo di gabinetto del presidente della Regione.
«La Sicilia è attualmente l’unica regione d’Italia e una delle poche in Europa a trovarsi nella cosiddetta ‘zona rossa’ a causa della scarsità d'acqua disponibile», aveva dichiarato Luca Sammartino in occasione della dichiarazione dello stato di calamità naturale da parte del governo Schifani. «Questa situazione critica, analogamente riscontrata anche in Marocco e Algeria, sta causando danni significativi agli agricoltori e agli allevatori siciliani, già provati dalle conseguenze dei fenomeni atmosferici anomali che hanno caratterizzato il 2023».
«Apprezziamo e sosteniamo con fiducia le iniziative del governo Schifani per fronteggiare lo stato di calamità naturale in Sicilia determinato dal perdurare della siccità», dichiara Michele Cappadona, presidente dell'Associazione Generale delle Cooperative Italiane-AGCI Sicilia. «Com’è emerso dal confronto con le associazioni di rappresentanza del settore convocate il 9 aprile in assessorato Agricoltura, presenti il dirigente generale Dario Cartabellotta e il Capo di gabinetto Calogero Foti, la situazione di crisi già drammatica continua ad acuirsi, facendo emergere l’ampiezza e la rapidità delle conseguenze per le imprese e i cittadini e quanto sia complesso l’ambito degli interventi da adottare».
La Regione, nelle scorse settimane, aveva già dichiarato lo stato di crisi idrico sia per l’uso potabile che per quello agricolo-zootecnico, nominando anche due commissari.
«Bene l’istituzione di una cabina di regia guidata direttamente dal presidente Schifani con l’obiettivo di soluzioni rapide e concrete e l’interlocuzione intrapresa con il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci - continua Michele Cappadona -, ma è imperativo che il governo Meloni riconosca l’emergenza nazionale per la siccità, analogamente a quanto avvenuto a gennaio per le conseguenze degli eventi meteo eccezionali di maltempo in Emilia Romagna dello scorso autunno. Occorre infatti che il consiglio dei ministri consenta di attivare, a livello nazionale, le risorse, la capacità e velocità di intervento della Protezione civile. La siccità ha ormai prodotto i suoi effetti calamitosi, e occorre affrontare, contemporaneamente all’emergenza del momento, tutte le criticità accumulate e irrisolte, ereditate da decenni di incuria e cattiva amministrazione. Va sottolineato che la carenza idrica riguarda tanto l’acqua potabile (per la quale si sono già programmate iniziative di razionamento nei centri urbani) che quella non potabile per l’agricoltura, e che per legge la priorità di destinazione va riservata all’uso civile, poi agli animali e all’irriguo.
Le tematiche di crisi delle imprese di settore riguardano agricoltura, zootecnia e agriturismo. In agricoltura sono già compromessi i raccolti di tutti i terreni a seminativi, cereali, legumi e foraggi e si teme il disastro anche per le coltivazioni arboree. Le stime delle perdite vanno via via aggravandosi, nei circa 250mila ettari coltivati a grano duro nell'Isola il grano ha già cominciato ad ingiallire, la siccità ha lasciato “piante nane” e anche se piovesse non cambierebbe nulla, per le radici ormai secche. C’è già un incremento di pozzi abusivi, rilasciare permessi per nuovi pozzi significa prosciugare le falde freatiche favorendo la desertificazione. Per la zootecnia, la mancanza di acqua e foraggio significa l’ineluttabile morte degli animali. Questo comporta anche un problema sanitario per il gran numero di capi destinati a morire nei pascoli e che andrebbero rimossi tempestivamente. L’unico rimedio realistico è l’abbattimento programmato e politiche di “rottamazione”.
Le imprese di settore chiedono, per sopravvivere, intanto un regime di aiuti immediati con modalità di estrema tempestività, che si aggiungano a interventi vitali già attesi su energia e gasolio - continua Cappadona -. Occorrono sostegni economici, sia come contributi che come sgravi e moratorie. Ma anche velocità di erogazione: gli aiuti regionali varati lo scorso febbraio non arrivano, serve una manovra di bilancio destinata all’emergenza. Contributi traguardati ad ottobre arriverebbero dopo la morte delle aziende. Uno strumento veloce potrebbe essere intanto una piattaforma telematica per censire i danni e l’accesso a sostegni dedicati (si pensa ad Agricat, sulla cui reale efficienza però c’è chi avanza riserve). Sono necessarie però misure adeguate, non pannicelli caldi. Ad esempio la “Vendemmia verde” interviene coprendo il 100% ma solo fino a due ettari.
Tra la proposte, quella di attivare “panieri di scambio” sul mercato internazionale, di vino con grano.
Per far fronte alla morte certa degli animali, è necessaria una programmazione per l’abbattimento e la ricostituzione del patrimonio zootecnico.
Il comparto agrituristico ha bisogno di interventi mirati, adeguati alla sua peculiarità, avendo necessità di acqua sia ad uso civile che irriguo.
Per quanto riguarda le misure infrastrutturali immediate e a breve - spiega Cappadona -, dando per scontata la necessità del riconoscimento da parte di Palazzo Chigi dello stato di emergenza nazionale, occorrono organismi decisori come la Protezione civile e/o con adeguati poteri commissariali e derogatori.
I produttori chiedono tanto interventi emergenziali temporanei che opere infrastrutturali permanenti. In tema di carenza di invasi adeguati e funzionanti e di condutture colabrodo, ricordiamo che il precedente governo regionale si lasciò sfuggire la grande occasione del Pnrr facendosi bocciare 31 progetti, dal valore di 423 milioni di euro, che avrebbero potuto ammodernare il sistema idrico siciliano.
C’è bisogno in questo momento di stazioni di pompaggio come quella che potrebbe portare 80 milioni di metri cubi d’acqua dall’invaso di Lentini alla Piana di Catania.
Va considerato che la sopravvivenza del settore non va riferita a una ventina di "grandi brand" ma alle decine di migliaia di piccoli produttori e operatori in grande difficoltà, che vivono una situazione di costante criticità burocratica e per i quali occorre una drastica semplificazione nella efficace regolamentazione dei procedimenti.
Per fare un esempio di attualità, facilitando e promuovendo la realizzazione di laghetti alimentati da acque piovane.
Ferma restando l’indifferibilità di portare ad un livello di normale efficienza il sistema di gestione delle acque, a partire dalle 41 dighe di competenza dell’Ufficio tecnico per le dighe della Sicilia (Ministero delle Infrastrutture) presenti in otto delle nove province siciliane (tranne Messina) occorre anche percorrere soluzioni alternative, come l’agricoltura di precisione, i desalinizzatori alimentati da energia solare e la possibilità di utilizzare come risorse l’enorme quantità di acque reflue "di scarico" dei centri urbani attraverso depuratori per acqua potabile e ad uso irriguo. Ma - conclude Michele Cappadona - come sanno molto bene i decisori politici, per risolvere ogni crisi l’unico vero nemico da combattere è il tempo».