Il Consiglio dei ministri ha previsto nel ddl della Finanziaria (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027), all’art. 101, nei limiti di un fondo gestito dal Ministero dell’Interno, di porre a carico dello Stato l'affidamento dei minori deciso dai tribunali competenti, fino ad oggi interamente a carico dei Comuni. Ma le risorse assegnate appaiono inadeguate.
«È innegabile l’importanza della decisione del governo Meloni di istituire un “Fondo per l’assistenza ai minori” a carico dello Stato per contribuire alle spese sostenute dai Comuni per l'assistenza ai minori per i quali sia stato disposto l'allontanamento dalla casa familiare con provvedimento dell’autorità giudiziaria», afferma Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane-AGCI Sicilia.
«Per inciso, in tema di Manovra non posso non esprimere contrarietà per le decisioni assunte dal Governo Meloni senza un confronto e una seria mediazione con le parti sociali prima di inviare il ddl finanziaria in Parlamento. In particolare, mi riferisco all'analisi Svimez che ha evidenziato nel testo tagli per il Mezzogiorno per ben 5,3 miliardi di euro. Il dato viene calcolato considerando tutte le misure specifiche per le regioni meridionali contenute in Manovra (abrogazione di decontribuzione Sud, Fondo interventi per il Mezzogiorno, credito di imposta Zes Unica e sgravio contributivo neo-assunti Zes Unica): 1,78 miliardi in meno nel 2025, -2,92 miliardi nel 2026 e -625 milioni nel 2026».
«Tornando sui "minori allontanati", da una parte il fondo statale istituito sancisce il principio che la tutela dei minori è un bene comune e in capo allo Stato e la sua creazione un intervento epocale finalizzato a garantire un aiuto concreto per contribuire alla copertura parziale delle spese - sottolinea Cappadona -, diretto ai tanti Comuni che devono far fronte ai costi sociali dei minori accolti in strutture residenziali. D’altra parte, però, le risorse appostate sono largamente inferiori ai fabbisogni.
L’art. 101 del ddl di bilancio in discussione alla Camera dota infatti il Fondo di soli 100 milioni per ciascuno dei prossimi tre anni. Va considerato che soltanto il Comune di Milano spende per questi servizi 50 milioni di euro, e il sistema Italiano conta oggi 3600 comunità, 18mila minori fuori famiglia (in comunità e in affido) in 8mila Comuni. Sono dati che riporta su “Vita” Liviana Marelli, responsabile Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti-Cnca. È giusto che lo Stato si interroghi sui costi che derivano dall’applicazione del contratto di lavoro di professionisti e dal mantenere i requisiti di accreditamento.
Sulle risorse per i minori allontanati si è espresso in particolare anche l’ANCI, nell’ambito degli emendamenti proposti sulle risorse destinate ai Comuni. Nel merito - continua Cappadona - concordiamo con l’ANCI, che chiede l’incremento del Fondo e la modifica dei criteri di riparto.
ANCI propone di aumentare lo stanziamento annuo a circa 250 milioni, come AGCI riterremmo più realistico l’appostamento di almeno 500 milioni, da rivalutare per gli anni successivi al 2025. Va modificata la norma che attualmente prevede una soglia di esclusione al 10%, privilegiando, nel criterio di riparto gli enti che mostrano un’incidenza maggiore della spesa per affidamenti rispetto al totale della spesa corrente o sociale. Particolare attenzione va infine riservata, nella ripartizione, ai Comuni di piccola entità».
«La presente manovra 2025 non sembra presentare grandi margini per ulteriori risorse economiche in tema di “minori allontanati”, anche in considerazione dell’aspettativa per altri emendamenti che aumentino i trasferimenti ai Comuni. Che il Fondo nasca dichiaratamente come contributo solo parziale solleva anche il problema della concreta esigibilità del diritto del minore alla famiglia, come previsto dalla legge 184 del 1983. In ogni caso, il confronto politico dovrà vertere sui decreti attuativi, che stabiliranno come verranno concesse e assegnate le risorse ai Comuni. Infine, conclude Cappadona, l’esistenza del Fondo di copertura parziale statale sarà utile riferimento per meglio definire le modalità con cui far fronte ai fabbisogni (occorrerà un confronto con l'amministrazione regionale), anche con successivi precisi interventi».
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