Michele Cappadona: «La Zes Unica è il simbolo più evidente delle contraddizioni nella politica di governo nazionale di devoluzione verso modelli di sviluppo economico locale. Una malintesa autonomia differenziata, che dà più discrezionalità alle regioni del Nord, mentre centralizza a Roma il controllo delle risorse per la crescita e il rilancio del Sud, senza alcuna prospettiva di colmare un divario sempre più evidente».
Meloni: «Con questo governo il Sud è diventato la locomotiva d’Italia». Si è riunita il 23 dicembre a Palazzo Chigi la cabina di regia sulla Zona unica speciale (Zes) del Mezzogiorno per una valutazione del suo primo anno di attività. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha deciso di mantenere la delega al Sud e di tutte le azioni intraprese dal Governo per il rilancio del Mezzogiorno, a partire dalla ZES unica, durante il suo intervento ha dichiarato con soddisfazione: «Con questo governo è tornato l’orgoglio al Sud, che non chiede assistenzialismo e sussidi, ma solo di essere messo nelle condizioni di competere ad armi pari con il resto d’Italia. Se il Sud cresce è un vantaggio per tutta la Nazione, e non lo fa a scapito delle altre regioni italiane».
La struttura “ZES Unica” gestisce due strumenti strategici per l’avvio o l’ampliamento di attività d’impresa: il regime semplificato dell’autorizzazione unica e il credito d’imposta per gli investimenti.
Palazzo Chigi ha diffuso dati che vogliono dimostrare l’efficacia della nuova struttura centralizzata: dal 1° gennaio 2024, data della sua istituzione, sono state rilasciate 415 autorizzazioni uniche per circa 2 miliardi e 400 milioni di euro di investimenti e oltre settemila occupati, superando in appena 11 mesi il totale degli investimenti delle otto precedenti ZES, pari a 1,9 miliardi di euro. Con la ZES unica, i tempi medi per il rilascio delle autorizzazioni si sono ridotti a circa trenta giorni. Il credito di imposta ha dimostrato altrettanto successo, riconoscendo un importo complessivo di 2,5 miliardi di euro e assicurando il 100% del credito richiesto.
I dati diffusi indicano, il 13 dicembre, 6.885 i soggetti che hanno richiesto il credito d’imposta per investimenti nella ZES unica, per un valore complessivo di 2,551 miliardi di euro, che verrà integralmente riconosciuto. La quantificazione complessiva degli investimenti effettuati dalle imprese di questo primo anno di ZES unica, sommando quelli oggetto di credito d'imposta (il cui valore è solo quota parte del valore degli investimenti agevolati) e quelli che hanno beneficiato della sola semplificazione, si stima superiore ai 7 miliardi di euro. Chi ha ottenuto l'autorizzazione unica ad investire nel Mezzogiorno ha potuto contare fino al 60% di credito di imposta.
«Il mondo delle imprese non può che accogliere positivamente misure di semplificazione e d’incentivazione finalizzate allo sviluppo - dichiara Michele Cappadona, presidente dell'Associazione Generale delle Cooperative Italiane, AGCI Sicilia -. Le criticità da valutare riguardano semmai l’adeguatezza, l’efficacia, risultati e tempi di attuazione. Emergono perplessità su come si sia voluto modificare lo strumento Zes, fino a stravolgerlo, utilizzandone la denominazione (ma non le caratteristiche vincenti) nella recente programmazione delle politiche di governo per il rilancio del Mezzogiorno».
«Come più volte ha fatto rilevare l’economista Pietro Busetta, l’attuale Zes Unica tranne il nome non ha nulla a che vedere con le Zone Economiche Speciali create ovunque nel mondo, e neppure con le Zes istituite dal governo Gentiloni con l’art. 4 (ora abrogato) del DL n. 91/2017.
L’obiettivo non era quello, generico, di favorire l’ampliamento dell’attività delle aziende esistenti, ma di attrarre investitori stranieri - osserva Michele Cappadona -. Per raggiungere l’obiettivo erano state individuate specifiche condizioni di vantaggio: buon collegamento alle infrastrutture di trasporto (presenza di un’area portuale collegata alla TEN-T, rete transeuropea dei trasporti); un ambiente business friendly con semplificazione burocratico-amministrativa, esente da condizionamenti da criminalità organizzata, regime doganale e di tassazione più favorevole, minore costo del lavoro.
Nell’accentramento a Roma del controllo delle risorse per le Regioni del Sud vi sono enormi contraddizioni con gli obiettivi politici fondamentali dell’attuale maggioranza di governo nazionale. Il tema dell’autonomia differenziata, di passare dalla centralizzazione alla devoluzione, dando attuazione al principio di sussidiarietà, è un tema di strettissima attualità. Ma la centralizzazione della gestione delle risorse per il Sud è antitetica all’autonomia nelle scelte di sviluppo locale: se gestione e controllo dei fondi europei, semplificazione e incentivazione, non devono essere devoluti alle Regioni, allora paradossalmente - commenta Cappadona, non c’è bisogno di trasferire i fondi da Bruxelles a Roma: al posto dello Sportello Unico Digitale-SUD gestito da Palazzo Chigi basterebbe in futuro un super-sportello telematico europeo di semplificazione, per rilasciare autorizzazioni uniche comunitarie.
Il tono trionfalistico adottato dal governo nazionale per comunicare i dati sul primo anno di attività della Zes vanno analizzati innanzitutto alla luce di quali siano le aspettative in termini di obiettivi e risultati a fronte delle risorse impiegate.
È ovvio che lo sviluppo del Sud riguarda tanto il supporto al tessuto delle PMI esistenti che l’attrazione di investitori stranieri. È assolutamente evidente non sia la stessa cosa pensare di investire risorse in 8 zone territoriali, individuate e delimitate secondo specifiche favorevoli caratteristiche. che nell’intero territorio del Sud comprendente 8 regioni, con una superficie 500 volte superiore, senza i fondi necessari. Ciò che il Governo chiama Zes Unica, in realtà andrebbe chiamato più sinceramente, sottolinea il prof. Busetta "Aiuti per le imprese del Mezzogiorno”, a pioggia.
Più in dettaglio, osserviamo che dagli incentivi del credito d’imposta ZU, da un lato sono esclusi i progetti d’investimento inferiori a 200mila euro, cioè quelli tipici delle microimprese; dall’altro, vengono dissuasi gli investimenti delle grandi imprese, come ha commentato dopo la riunione a Chigi il governatore della Puglia Emiliano: “i tempi brevissimi concessi per la conclusione degli investimenti sono assolutamente incompatibili con quelli di una grande impresa che prospetta un investimento di decine di milioni di euro e deve avere il tempo per acquistare, realizzare, costruire, rendicontare e certificare”.
Va ricordato - sottolinea Cappadona - che al 22 luglio risultavano pervenute 16.064 richieste di credito d’imposta per complessivi 9.452.741.120 euro, corrispondenti a meno di 20mld di investimenti nella ZU da parte delle imprese, ma le risorse disponibili erano solo 1.670 milioni di euro. Con il Decreto Omnibus n. 113/2024 si sono aggiunti 1.600 milioni, per un totale di 3,27 mld di euro. Al 13 dicembre i richiedenti si sono ridotti a 6.885, i loro investimenti a 5,162 mld, il relativo credito d’imposta effettivamente fruibile è risultato di 2,551.290.705 euro (100% del credito richiesto). Il dato certo che emerge è intanto che le imprese hanno rinunciato a 15 miliardi di investimenti e che comunque 2-3 mld di risorse sono largamente insufficienti per attrarre i relativi investitori.
La scelta di creare la ZU allargando di 500 volte le 8 Zes territoriali, che complessivamente delimitavano 239,81 km quadrati, fino a comprendere l’intero perimetro del Mezzogiorno (e dunque oltre 123.000 km quadrati) imponeva quantomeno l’elementare necessità di aumentare adeguatamente la dotazione di agevolazioni.
Se l’accentramento romano si vuole motivare con la creazione del S.U.D., lo Sportello unico digitale della ZU, l’AGCI Sicilia rivendica piuttosto che da anni si batte per l’istituzione nell’Isola del SURAP (sportello unico regionale per le attività produttive) già adottato in Campania e Calabria. Devono funzionare gli strumenti di prossimità, non quelli universali e remoti - commenta Cappadona -. In Sicilia occorrono strumenti come le Zone franche montane e le Zes turistiche.
Il prof. Busetta ha spiegato in termini espliciti e comprensibili il problema occupazionale del Sud: “Visto che abbiamo bisogno di creare 3 milioni e mezzo di posti di lavoro e che perlomeno 1 milione e mezzo devono venire dal manifatturiero, si capisce con una semplice divisione aritmetica che parliamo di poco meno di 400 investimenti da 4000 persone ciascuno, cioè un numero enorme che può venire soltanto se le realtà di insediamento si rendono particolarmente attrattive, per cui per una qualche azienda che vuole insediarsi in Italia, meglio in Europa, non ci debba essere competizione rispetto ad altre aree, come per esempio la Polonia, l'Ungheria o la stessa Germania, e invece oggi la cosiddetta Zes Unica del Mezzogiorno non riesce a competere nemmeno con la periferia milanese, come si è visto” con Amazon e Microsoft.
Preso atto che i fondi destinati alla decontribuzione per diminuire il costo del lavoro al Sud vengono tagliati, emerge che l’avere creato la ZU soddisfa soltanto la volontà di avere un controllo politico sulle politiche per il Mezzogiorno e non di attrarre capitali esteri.
Resta il fatto che al Sud servono le Zes territoriali. Occorre non disperdere i fondi e creare attraverso agevolazioni mirate e strategicamente circoscritte forti poli attrattivi, collegati a porti, autostrade e infrastrutture di livello. La Zes Unica - conclude Michele Cappadona - è uno strumento che non può raggiungere i propri obiettivi perché ha risorse inadeguate; vanno invece realizzate le vere Zes, creando ecosistemi sostenibili, i cui risultati siano apprezzabili e tangibili a brevissimo termine. AGCI Sicilia continuerà a battersi per questo obiettivo concreto».